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Che le radiofrequenze potessero essere un agente cancerogeno non è del tutto una novità: ora però lo studio condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna e pubblicato su Environmental Research aggiunge delle conferme, ottenendo praticamente gli stessi risultati della ricerca gemella del National Toxicologic Program (Usa) sui telefoni cellulari.

Lo studio è stato condotto su 2.448 ratti, esposti a radiazioni Gsm da 1.8 GHz (quelle delle antenne della telefonia mobile) per 19 ore al giorno, dalla gravidanza delle loro madri fino alla morte spontanea: è stato notato un lieve aumento (nell’ordine del 1,4%) dell’insorgenza di tumori a cuore e cervello.

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Un impatto lieve, che però secondo il Ramazzini va tenuto in grande considerazione: secondo Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini e leader dello studio,  nonostante si parli di un agente cancerogeno di bassa intensità, “il numero di esposti è di miliardi di persone, e quindi si tratta di un enorme problema di salute pubblica, dato che molte migliaia potrebbero essere le persone suscettibili a danni biologici da radiofrequenze”

I dati raccolti nella ricerca rafforzano la richiesta di adottare precauzioni a livello globale: incentivare l’uso degli auricolari (ad esempio incorporandoli nel telefono) e segnalare sulle confezioni e sulle istruzioni che l’apparecchio va tenuto preferibilmente lontano dal corpo.

“Certo non immagino che si possa tornare indietro nella diffusione di questa tecnologia, ma sono sicura che si possa fare meglio -ha affermato Belpoggi- La salute pubblica necessita di un’azione tempestiva per ridurre l’esposizione, le compagnie devono concepire tecnologie migliori, investire in formazione e ricerca, puntare su un approccio di sicurezza piuttosto che di potenza, qualità ed efficienza del segnale radio. Siamo responsabili verso le nuove generazioni e dobbiamo fare in modo che i telefoni cellulari e la tecnologia wireless non diventino rischi conosciuti e ignorati per decenni”