“La partecipazione dei giovani al processo unitario avviato dal Risorgimento ci fu e anche in misura notevole: in quegli anni, anzi, c’era un grande dibattito anche autocritico, rispetto al fatto che era stato costruito uno Stato nuovo e dunque una comunità nuova, ma gli Italiani erano rimasti quelli ‘vecchi’, anche con quei caratteri di asservimento e di corruzione, frutto di secoli di oppressione e di frammentazione. Il problema era la rigenerazione del popolo, creando una identità e costruendo un senso di appartenenza comune, elaborando una coscienza comune. Problema che si ripropone periodicamente per il nostro Paese…”. E’ quanto osserva Paolo Mattera, docente di Storia contemporanea, in collegamento su Zoom, durante il webinar organizzato da History Channel in collaborazione con l’Università Roma Tre dal titolo ‘Unità d’Italia: una storia per giovani?’ – che andrà in onda sui canali social di History Channel – rispondendo anche alle sollecitazioni degli studenti dei corsi di laurea e di master. 

“Nella appartenenza a una comunità, è molto importante avere un forte senso del proprio passato, l’orgoglio delle proprie radici: vale per la singola persona e vale ovviamente anche per la collettività – premette lo storico – Nei momenti di crisi, come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia per il Covid, vengono messi in evidenza i punti di forza ma anche messi a nudo i punti deboli: è in questi momenti di crisi che il senso di appartenenza comune emerge e il senso di orgoglio può esprimere tutte le sue potenzialità”. 

Per Mattera, “il Risorgimento italiano è oramai molto appesantito dalla retorica, trattato quasi come un reperto archeologico di un patriottismo che celebra riti di cui non conosce nemmeno il significato. Invece, intendeva essere una rinascita, per un popolo che arrivava a una riscossa potente grazie alla propria azione, costruendo una nuova identità. Il compito degli storici non è di accendere le fiaccole della retorica ma semmai di spegnerle laddove la retorica rischia di offuscare la realtà. La domanda è: cosa ha funzionato di quella potente rinascita, cosa non ha funzionato e cosa rimane ancora oggi? E’ questa la risposta che viene richiesta oggi ai giovani”. 

Allora, spiega il docente di Storia contemporanea, “la componente di ribellione giovanile era molto forte, mobilitati per l’unificazione nazionale; una generazione nutrita dalla cultura del Romanticismo che esaltava l’adesione agli ideali per una vita che fosse ben spesa, anche a costo di grandi sacrifici personali. La gioventù era un fattore di rigenerazione contro una società ritenuta corrotta; elemento conflittuale che si è verificato più volte nella storia italiana – ricorda Mattera – Ma questa è come un fiume carsico o, se si preferisce, come le montagne russe: ogni tanto rifluisce e sembra svanire, salvo poi riemergere. Talora, i giovani sembrano essere destinatari delle vicende storiche, più che soggetti attivi che le producono”. 

Dall’Unità d’Italia realizzata a un’Europa Unita ancora da realizzare, il passo può anche essere breve. Allora gli italiani avevano ‘nemici esterni’ di volta in volta individuati negli austriaci o negli spagnoli, nei francesi o nei pontefici. Oggi, gli europei non hanno ‘nemici’ da individuare, al massimo concorrenti da battere, siano essi americani o russi o cinesi… Questa mancanza di un ‘nemico’, o della sua percezione, rallenta o addirittura ferma un processo di una vera unificazione europea? 

“Il mondo oggi è governato da logiche sovranazionali e globali – risponde Mattera alla domanda posta dall’AdnKronos, durante il webinar di History Channel – Una dimensione che può anche creare un sentimento di inquietudine, determinando chiusure in realtà localistiche alla ricerca di protezione, che possono poi sfociare in nazionalismi e sovranismi. Ma attenzione ai nemici fittizi, che possono alimentare reazioni tossiche indicando falsi nemici per nascondere problemi reali. Una cosa è avere una identità propria che vive anche di alterità; altra è inventarsi nemici, provocando situazioni che possono diventare anche esplosive”, avverte lo storico. 

(di Enzo Bonaiuto)