di Ilaria Floris 

“Gino Paoli era ragazzo insieme a mio padre nel quartiere di Pegli, il quartiere di Genova dove sono cresciuti, e mio padre suonava la tromba, era convinto di diventare un musicista. Bene, se oggi è un architetto lo dobbiamo a Gino Paoli. Lui ebbe la sincerità di dirgli che era veramente un cane a suonare la tromba. Per cui lui si convinse, lasciò perdere e invece di suonare la tromba si è messo a costruire dei luoghi dove si può suonare la musica, come l’Auditorium di Roma o l’Ircam a Parigi”. Con questo aneddoto Carlo Piano, giornalista, figlio del celebre architetto Renzo, presenta all’Adnkronos il libro scritto a quattro mani col padre, ‘Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza’ (Feltrinelli), con il quale è finalista al Premio Letterario Caccuri 2020. 

“E’ un libro che nasce dal mio sentimento di vendetta -racconta affettuosamente Carlo Piano all’Adnkronos- Io padre quando eravamo piccoli io e i miei fratelli, ci portava ogni estate in barca per un mese, e non ci faceva mai toccare terra. Ora, con questo volume, ho avuto mio padre a disposizione su una nave dove non si può scappare, e ad ottant’anni è ancora più difficile, e poterlo interrogare, costringerlo ad aprire i cassetti che non aveva mai aperto”. 

Da Genova ad Itaca, un viaggio intimo, che attraverso le trame del rapporto padre-figlio va alla ricerca della città perfetta e fa una riflessione sul senso del ‘costruire’. “E’ un resoconto che ha come sfondo la ricerca di Atlantide, perché Atlantide rappresenta la città perfetta -spiega l’autore- Una perfezione che mio padre ha cercato in tanti luoghi della terra, perché ha costruito dal Giappone, agli Stati Uniti alla Nuova Caledonia, che sono tutte tappe del nostro viaggio. La città perfetta è quella che un architetto cerca per tutta la vita”. 

Un ritorno per il grande architetto italiano nei luoghi in cui ha costruito le sue opere, tasselli nella ricerca infinita e necessaria della perfezione, fatto solcando il mare. “In mare si alza lo sguardo e si abbassano i toni di voce, la barca è una sorta di confessionale dove si dicono cose che a terra non si dicono -dice Carlo- Cosa ho imparato da mio padre? Ho imparato ad amare il mare. Perché il mare non saprei come definirlo ma il mare è futuro, è l’avventura, è quello che ti spinge ad andare a scoprire”. 

Il giornalista esprime poi una grande emozione al pensiero di essere tra i finalisti del Premio Caccuri, uno dei più importanti premi di Saggistica in Italia, in programma dal 19 al 24 settembre. “Un grande onore essere tra i finalisti, soprattutto in compagnia di nomi come Veltroni, Berlinguer, Friedman -ammette- ma rappresenta anche una sorpresa perché io il libro l’ho scritto per me stesso. Ho pensato che a 55 anni, con mio padre ottantenne, fosse il momento per fare un resoconto di quello che è stata la mia vita e quella di mio padre”. Una vita alla ricerca della perfezione, ora racchiusa in un libro.