di Ilaria Floris 

“C’è voluto l’episodio di George Floyd e una pandemia prima che qualcuno dicesse che, tutto sommato, era necessario parlare di razzismo”. Così il premio Oscar Steve McQueen, ospite alla Festa del Cinema di Roma, analizza la situazione mondiale sul razzismo alla luce degli avvenimenti che hanno riguardato gli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd, correlandoli con la pandemia in corso.  

Il regista nero, autore di ‘Hunger’ e ‘Shame’ e vincitore del premio Oscar per ’12 anni schiavo’, è nella Capitale per ricevere il premio alla Carriera dal direttore artistico della Festa Antonio Monda e presentare la sua nuova serie, ‘Small Axe’, incentrata su storie ambientate, tra il 1969 e il 1982, nella comunità caraibica di Londra, legate insieme dal tema della lotta al razzismo. “Io non sono un fautore della violenza, è distruttiva -spiega McQueen- ma a un certo punto scatta la frustrazione e le azioni che si compiono sono il risultato di questa crescente tensione. Quello che accade oggi è collegato ad una pandemia, il Covid, e poi abbiamo anche il caso di George Floyd, morto dopo che un poliziotto gli ha schiacciato il collo per nove minuti”.  

Abbiamo visto “milioni di persone scendere in piazza -osserva il regista- e c’è stato come un risveglio, perché eravamo tutti a casa, e tutti noi stavamo facendo i conti con la nostra fragilità. Poi sullo schermo ti appare un scena come questa. C’è voluta così tanta sofferenza per renderci conto di quello che ai neri accade ogni giorno”, aggiunge.  

Il regista premio Oscar racconta, nel corso della conferenza stampa di presentazione della serie ‘Small Axe’, come è nata l’idea di creare una serie tv sul tema del razzismo, svelando il lavoro che sta alla base del progetto.”E’ iniziato tutto 11 anni fa. L’obiettivo era quello di portare sul grande schermo storie non raccontate, quelle della comunità nera nel Regno Unito e in particolare a Londra, dove sono cresciuto. Erano storie che dovevano essere assolutamente trattate perché si occupano di attualità, politica, cultura, che traggono origine dalla comunità nera, che ha avuto un ruolo fondamentale in Gran Bretagna”.  

“Inizialmente volevo raccontare una sola storia, poi mi sono reso conto che già ce n’erano tante di storie uniche, e ho deciso di raccontare tanti episodi -spiega McQueen- Ho lavorato insieme a produttori che fanno parte della mia società, e abbiamo parlato con centinaia e centinaia di persone, ci sono voluti 11 anni e abbiamo scoperto una realtà ricchissima. Ci siamo chiesti come fosse possibile che non fosse storie note a tutti”. 

“Non sono storie inventate -affonda il regista- Questa è la realtà che i neri devono sopportare ogni giorno”. E sollecitato dalle domande dei giornalisti se a Hollywood sia cambiato qualcosa dopo la sua vittoria agli Oscar con ’12 anni schiavo’, risponde con un velo di sarcasmo: “Di cose ne sono successe tante, ’12 anni schiavo’ è stato un film che è stata una rivelazione per molti, perché è riuscito ad avere un successo straordinario con un protagonista nero. A quel punto, molte persone a Hollywood credo si siano rese conto che era possibile anche guadagnare con un protagonista nero, loro ragionano in termini di incassi. Non so se da allora ci siano stati tanti progressi, credo però che qualche avanti sia stato fatto” 

“Anche la mascolinità è un tema del film. “Padri che cercano di assicurarsi che i figli righino dritti -spiega McQueen riferendosi ad uno dei protagonisti, Leroy Logan, un agente nero che si scontra contro il razzismo della polizia la cui storia viene raccontata nella puntata dal titolo ‘Red, White and Blue’. “‘Ho pensato anche al rapporto con mio padre. Loro pensano di proteggerci, ma per noi è soffocante”, aggiunge il regista. ‘Red, White and Blue’ sarà proiettato in anteprima in Sala Sinopoli, stasera alle ore 22. Il regista riceverà questo pomeriggio il premio alla Carriera dal direttore artistico Antonio Monda nel corso dell’Incontro Ravvicinato’ con il pubblico in programma alle ore 17.