di Ilaria Floris 

“Partivamo da un fatto di cronaca che per noi era irrappresentabile. Come si poteva raccontare una storia così oscena? Alla fine, la non narrabilità della storia è stato proprio ciò che mi ha guidato nello scegliere lo stile narrativo, e quindi il fuori campo, il non raccontare nulla, i due atti del film. Alla base c’era l’idea di tradire lo spettatore, perché io avevo intercettato proprio il tradimento in questa storia. Secondo me qui c’è il più atroce dei tradimenti, quello della madre”. Così Nicolangelo Gelormini spiega il suo film d’esordio ‘Fortuna’, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma. 

La storia è ispirata alla tragica morte della piccola Fortuna Loffredo nel 2014 a Caivano, lanciata da uno dei balconi del tristemente celebre ‘Parco Verde’ della città campana. La protagonista è Nancy, una bambina timida che vive con i genitori in un palazzone incastonato come un meteorite in un angolo del mondo dimenticato dal bene. Chiusa da qualche tempo in un silenzio che allarma sua madre, Nancy viene seguita da Gina, una psicologa distratta e scostante. La bambina sembra non riconoscersi nel nome con cui gli adulti la chiamano, e sente di non appartenere a ciò che la circonda. Come in una favola cui a volte stenta a credere, pensa di essere una principessa in attesa di tornare sul suo pianeta nello spazio.  

“La storia spezzata in due ha creato un’estetica che traghettasse lo spettatore da una parte mentre la storia va da un’altra -racconta il regista- Volevo cercare di far provare allo spettatore la stessa atroce emozione che io immagino possa provare una vittima di un abuso così orrendo. Volevo che avesse un impatto emotivo sulla gente, ed ho utilizzato tutti gli strumenti che il cinema mi consentiva”. L’idea di una ‘fuga dalla realtà’ della protagonista che si ‘dissocia’ dal mondo degli adulti creandosene uno proprio, in cui è una principessa che aspetta la stella che la porterà nel suo pianeta, è un “pensare al cinema come riscatto sulla realtà -spiega Gelormini- Dare a questa condottiera una seconda opportunità, arrivando a questa stella che abbiamo costruito solamente per lei, e questa funzione del cinema è enorme”. 

Coprotagonista del film Valeria Golino, nel doppio ruolo della mamma e della psicologa. “La sceneggiatura è quello che mi ha fatto decidere da quasi subito di voler partecipare al film, ancora più del ruolo -spiega l’attrice e regista- Un ruolo doppio che però non era esattamente un doppio ruolo, perché il sentimento era lo stesso. La stessa cosa, ma in due donne diverse. Nel mio caso, un sentimento di amorevolezza e di maternità, di soavità, ragione, buonsenso. Ho capito subito che c’era qualcosa di talmente cinematografico che la dolorosa verità su cui è basato non è il motivo per cui ho accettato. Anzi, poteva essere un deterrente. Ma era la sceneggiatura, che era scritta in modo da essere già cinema. Un progetto ambizioso che rischiava di essere ‘brutto’, ma non si poteva non fare. E il risultato è riuscitissimo”. 

Quello che caratterizza ‘Fortuna’ è “la responsabilità del pudore -spiega il produttore del film Davide Azzolini- in un’epoca in cui raccontiamo molto, forse troppo, anche il cinema”. Il produttore spiega: “Abbiamo studiato tutti gli atti giuridici, i documenti processuali, ma a un certo punto abbiamo sentito l’esigenza di ‘pulizia’, di tenere fuori tutto questo dal film”. E’ stata “un’operazione di pericolo: più cercavamo di allontanarci dall’osceno, più ci sentivamo in pericolo di tracimare nell’osceno. E questa sensazione ci ha fatto sentire in un certo senso anche noi in pericolo, e questo ci ha aiutato ad immedesimarci in quello che deve aver provato chi è stato vittima, e a capire meglio”.