“Si è vero, è un festival della ripartenza. Però non si riparte senza le certezze, per tutti gli operatori del settore, le grandi competenze, le maestranze che abbiamo. In questo paese è stata fatta la storia del cinema. Costumisti, scenografi, artigiani che adesso vivono in periodo di grande incertezza e si stanno chiedendo cosa ne sarà di loro nei prossimi mesi. Mi inauguro che in questo festival venga posto l’accento sul tema”. Ad affermarlo all’Adnkronos è Alessandro Mannarino che, dalla mostra di Venezia, fa un’analisi sullo stato ‘dell’arte’, inteso in senso letterale. 

Intervistato nel giorno della preapertura della manifestazione, dove è presente in veste di presidente di giuria per ‘Bookciak, Azione!’, il premio che si svolge alle Giornate degli Autori e che premia ogni anno i migliori corti ispirati alle pagine di romanzi, poesie e graphic novel, il cantautore romano si dice “preoccupato”. Sulla gestione del mondo dello spettacolo post pandemia da parte del governo “c’è ancora tanta incertezza -spiega- e lo dico anche per i musicisti”. E affonda: “Il modo in cui uno Stato pensa all’arte nel proprio paese, dice tutto sul pensiero di quel paese”. 

“Oltre alle star e ai red carpet io credo, e lo dico da spettatore, che questo debba essere di festival delle maestranze, degli operatori del settore. Che non stanno davanti alla camera ma vivono nell’ombra e adesso si stanno chiedendo cosa sarà di loro nei prossimi mesi”, afferma Mannarino. Che spiega meglio il concetto: “Si pensa che la vita delle persone vada avanti solamente grazie all’economia. Questo anche se le guerre, i problemi più grandi dell’umanità, la fame, sono creati dall’economia. Mentre le forme d’arte si pensa siano un passatempo. Ma io durante il lockdown non sono andato nei centri commerciali, non ho fatto shopping, e ho capito che potevo sopravvivere benissimo. Però se non avessi avuto i miei libri, i miei dischi, i miei film, non so se ce l’avrei fatta”. 

Il rapporto con il cinema, per l’autore di ‘Statte zitta’ e ‘Vivere la vita’, nasce da quando “ero piccolo”, e lo racconta così. “Quando scrivo una canzone ragiono per immagini. Seguo delle immagini, fare una canzone e come creare un piccolo film in tre minuti. A volte somiglia più a un trailer, ma c’è una storia, ci sono dei protagonisti”. 

La differenza tra cinema e musica, però, Mannarino ce l’ha ben chiara: “E’ che quando vai al cinema le immagini sono più violente, nel senso che sono imposte. Invece la musica ti lascia la libertà di crearle”, dice. 

(dall’inviata Ilaria Floris)