di Ilaria Floris  

“Cosa porterei ‘Via con Me’ se dovessi andar via? I miei occhiali da sole”. Così Paolo Conte all’Adnkronos, in occasione della presentazione del docu-film su di lui alla Mostra di Venezia, diretto da Giorgio Verdelli e in programmazione nelle sale il 28, il 29 e il 30 settembre come ‘film evento’. Il film, che prende il titolo da uno dei più celebri brani dell’artista astigiano, ‘Via con Me’, racconta l’uomo e il personaggio attraverso un abile alternarsi di racconto dello stesso Conte, di alcuni dei suoi amici e artisti più vicini -Roberto Benigni, Pupi Avati, Isabella Rossellini, Francesco De Gregori, Renzo Arbore, Vincenzo Mollica, Jovanotti, solo per citarne alcuni- e di stralci di alcuni dei più significativi momenti musicali del cantautore avvocato più raffinato del panorama italiano. 

“Della mia carriera rivivrei volentieri i momenti di esaltazione di quando ho scritto certe canzoni, soprattutto certe musiche -dice Conte all’Adnkronos- Ed anche il primo concerto a Parigi, che corrispondeva anche al mio primo concerto fuori dall’Italia. E’ stato un incontro con il mistero, perché non avevo a disposizione la mia lingua, ed è andato molto bene”. E su un’ipotesi di duetto, di ‘Sparring partner’ – per citare un altro celebre brano- che gli è mancato nella sua vita, è laconico come sempre: “Con tanti che stimo -dice- non ne avrei voluto nessuno, perché io lavoro bene solo da solo”. L’idea di un film su Paolo Conte “nasce da Rita Levato, la manager di Paolo Conte che per anni ha lavorato con Renzo Fantini che io conoscevo bene -racconta il regista Giorgio Verdelli- Lei mi ha suggerito questa opportunità che io ho colto, cominciandoci a lavorare ancora prima che le carte fossero messe sul tavolo, perché Paolo Conte è un gentleman ma lo è anche il suo management”.  

Come il regista definisce il risultato “un film documentario costruito come un pezzo di jazz, con una parte scritta e una parte improvvisata”, dice Verdelli. Che sottolinea come la pellicola, che ha la voce narrante di Luca Zingaretti ed è prodotta da Sudovest Produzioni e Indigo Film in collaborazione con Rai Cinema e distribuita da Nexo Digital, abbia avuto “un riscontro incredibile, al momento in circa 270 sale in Italia e forse arriveremo anche a 300”. Gli ospiti del documentario “hanno tutti una ragione per esserci. Non è gente famosa che parla di Paolo Conte, è tutta gente che ha avuto una incidenza sulla sua vita, e loro nella sua. A partire da De Gregori, che condivide con lui la passione per la canzone napoletana”, dice Verdelli. 

Conte, notoriamente riservatissimo e amante della sua privacy, ha accettato dopo qualche ritrosia (“non ama apparire, ho dovuto convincerlo”, spiega la sua manager Rita Levato), ma poi ha accolto di buon grado l’idea di raccontarsi. “Non ha messo paletti -conferma Verdelli – e sulla parte musicale non mi ha chiesto di modicare nulla, mi ha chiesto solo di aggiungere una cosa, non dico quale, e devo dire che aveva ragione lui”. Il regista però sottolinea meglio la questione della privacy, e il perché nel film non si parli della vita privata dell’artista: “A me non mi frega nulla di sapere delle sue cose personali, mi interessa delle sue canzoni, magari la gente è interessata a sentire parenti ma Paolo Conte per me è altro, ha una tale arte, una tale perizia che quelle canzoni sono eterne, e io quelle volevo raccontare”, spiega. 

“Azzurro è inno nazionale, ad esempio -dice- e per me raccontarle dalla voce dell’autore è l’assoluto, come Michelangelo, o Raffaello”. La scelta di farlo uscire come evento il 28-29-30 settembre è “proprio per farne un appuntamento unico e popolare in tutta Italia e le sale faranno da luoghi per accogliere il pubblico. All’estero sono tra i 30 e 40 paesi quelli con i quali riusciremo a chiuderlo”, dice Franco Di Sarro di Nexo Digital.