“Questa avventura nasce dalla mia voglia di riaffermare il valore assoluto della melodia e delle armonie”, in contrasto “con la produzione italiana degli ultimi tempi, che è di pronto consumo, a scadenza come lo yogurt”. Renato Zero parla così presentando l’ultimo capitolo della trilogia ‘Zerosettanta’: il ‘Volume Uno’, che in una numerazione inversa arriva per ultimo ed esce oggi, portando alla luce gli ultimi 13 brani dei 40 inediti del progetto.  

“Nel cantautorato meno sciatto e più consistente si lasciano tracce che sfidano il tempo – dice Renato – contro una quotidianità che vuole macerare tutto e ridurre tutto ad omogeneizzato. Bisognerebbe rinunciare ai pro tools, agli autotune e al plug in, e richiamare i bassi, le chitarre, i pianoforti”. Della nuova musica, però, salva qualcuno: “Mi confortano giovani come Diodato e Ultimo, per la loro attenzione alla melodia e alla dimensione acustica”.  

E non a caso, il ‘Volume Uno’ si apre con un brano dal titolo eloquente: ‘Amara melodia’, dove, spiega Renato, “c’è il senso di solitudine di chi arriva da una stagione così ricca di cantautori”. Nel disco i temi più cari al cantautore romano: da ‘Io non mi stancherò mai di te’ (“una dedica rivolta al pubblico”) a ‘Nemico caro’ (“nella mia vita il nemico è sempre vigilie, sempre presente, ma abbiamo stabilito una tregua che speriamo duri”), da ‘Io e te’ (“sorta di seguito di ‘Magari’, per abbattimento del muro dell’età in amore”) a ‘L’ultimo gigolò’ (“personaggio sparito che compensava tante solitudini”), da ‘Ti ricorderai di me’ (“perché gli artisti vanno ricordati di più, se lasciano opere che rimangono nel tempo”) a ‘Finalmente te ne vai’ (“qui c’è il Renato ironica del ‘Baratto’, che racconta il modo non troppo elegante di licenziare un amante”), da ‘Gli anni della trasparenza’ (“gli anni della maturità in cui si diventa leggeri, ci si perde negli abiti e un po’ anche nell’anima”) a ‘Orfani di cielo’ (“è una sorta di preghiera”), da ‘C’è’ (brano sul valore dei sentimenti) a ‘L’Italia si desta?’ (“una dichiarazione d’amore per l’Italia che io vorrei più unita da Palermo a Torino”), da ‘Il tuo eterno respiro’ (“dove la Terra denuncia la sua sofferenza, il suo disagio, la manomissione di noi inquilini discutibili che paghiamo un affitto irrisorio per tanta bellezza e non la rispettiamo”) al finale de ‘Il mondo perfetto’ (“l’ideale approdo a un mondo idilliaco fatto di tolleranza, equilibrio, innocenza e rispetto”). 

Ma per Renato la presentazione del finale della trilogia, diventa l’occasione per passare in rassegnare paure, sentimenti e notizie legate a questa stagione.  

Maradona: “Godo di una grande amicizia con Gianni Minà e quindi è come se Maradona fosse mio cugino, perché con i racconti di Minà ho imparato ad amarlo. Come io ho perso Gigi Proietti, tutti gli sportivi e non solo piangono la scomparsa di un grande. E io mi associo a questo dolore, perché le persone che danno con generosità meritano rispetto. Poi più si è grandi, più si gode di popolarità, più si è soli. Credo di aver visto una sua intervista dove fa ammenda, chiede scusa per un suo certo modo di vivere”.  

Fonopoli: “Ho parlato al telefono con la sindaca di Roma Virginia Raggi non più di dieci giorni fa. Ha sempre stimato l’idea di Fonopoli e io, che non mollo e non rinuncio al mio sogno, le ho prospettato l’idea di utilizzare anche spazi in disarmo, come le caserme. Potrebbe essere una giusta prospettiva. Ma sono disincantato: dopo che quattro amministrazioni mi hanno strumentalizzato. Oggi Fonopoli si sarebbe giustamente collocata in posizione favorevole per la formazione reale di mestieri che si stanno perdendo: viviamo un periodo di approssimazione”. 

I Concerti: “Mi attengo a regole. Quando si potrà aprire la biglietteria e io potrò garantire la mia prestazione ci sarò. Io nel frattempo continuo a lavorare”. 

Il Virus: “Il mostro. Non vedo l’ora che ci abbandoni e si ricominci a vivere. Mi sento molto penalizzato. L’incontro con le persone è l’elemento che mi manca di più. Quella password che ti apre al mondo, che ti dà la possibilità di stringere una mano, di utilizzare il tavolo di una trattoria per raccontarsi”.  

La Nostalgia: “È un ingrediente che preso nelle dosi giuste può rappresentare un elemento di confronto, una carezza che può lenire l’eventuale mancanza di quello che il tempo promette e non mantiene”. 

La Paura: “Non mi spaventa più nulla, nemmeno far uscire tre dischi in tre mesi. Ho fatto di peggio. Una volta a Tortoreto Lido arrivai con il furgone che guidavo io, davanti a una specie di bar, che capii essere il posto dove dovevo suonare. Chiesi del camerino. ‘Il camerino? Quale camerino?’, mi disse la signora che mi accolse. ‘E le bestioline dove sono?, aggiunse. Io chiesi: ‘Signora, quali bestioline?’. E lei: ‘Ma io ho scritturato Renato Zero Zoo!’ Quello era il nome del mio tour ed era credo il 1974. Dopo aver fatto queste cose qui, nulla mi fa paura”.  

La Solitudine: “Per fortuna non ne soffro. Ho il conforto di una famiglia numerosa. Un figlio con due nipoti straordinarie”.  

Il Natale 2020: “La formula natalizia, nella gestione cristiana dell’evento, prevede il minimalismo, la riduzione di velleità e impalcature. Io che sono stato abituato a vivere il Natale con questa ritualità rigorosa, credo che questo tipo di Natale non tema il virus. Certo, la messa di mezzanotte del 24 dicembre, mi mancherebbe assai. Perché quello è il momento in cui ringrazio il Padreterno perché non mi fa mancare niente”.  

I Centri Commerciali: “Hanno distrutto le botteghe dove la gente poteva parlare, il bottegaio era uno psicologo. Andavi a comprare il prosciutto e gli raccontavi i tuoi guai. Ora invece andiamo da Leroy Merlin o al supermercato e parliamo con i surgelati”.  

(di Antonella Nesi)