L’anticorpo monoclonale sperimentale otilimab di GlaxoSmithKline (Gsk) ha mostrato “un potenziale e importante beneficio clinico in un pre-definito sottogruppo di pazienti” con Covid-19 “ad alto rischio”. E’ quanto emerge dai risultati, annunciati oggi da Gsk, dello studio di fase 2 ‘proof of concept’ Oscar (Otilimab in severe Covid-19 related disease) con otilimab, un fattore stimolante le colonie di macrofagi anti-granulociti (anti-GM-CSF). 

L’endpoint primario dello studio – riferisce l’azienda in una nota – era la percentuale di pazienti Covid-19 privi di insufficienza respiratoria 28 giorni dopo il trattamento con una singola dose di otilimab in aggiunta allo standard di cura (inclusi trattamenti antivirali e corticosteroidi), rispetto ai pazienti in trattamento solo con standard di cura. I dati provenienti da pazienti di tutte le età hanno mostrato una differenza di trattamento del 5,3%, ma senza raggiungere la significatività statistica. Tuttavia, una pre-pianificata analisi di efficacia per età nei pazienti di 70 anni e oltre ha mostrato che il 65,1% era vivo e libero da insufficienza respiratoria 28 giorni dopo il trattamento con otilimab più standard di cura, rispetto al 45,9% dei pazienti che avevano ricevuto il solo standard di cura. Inoltre, in un’analisi della mortalità fino al giorno 60, una differenza di trattamento del 14,4% in favore di otilimab è stata vista con tassi del 40,4% su standard di cura contro il 26% su otilimab più terapia standard in pazienti di 70 anni di età e oltre.  

Alla luce di questi risultati, Gsk ha quindi deciso di modificare lo studio Oscar per espandere questa coorte e confermare questi risultati potenzialmente significativi. La coorte aggiuntiva dello studio Oscar seguirà un disegno di studio simile – spiega la compagnia – e arruolerà circa 350 pazienti di età di 70 anni e oltre. 

“I pazienti di età pari o superiore a 70 anni – afferma Christopher Corsico, Senior Vice president Development, Gsk – rappresentano il 70% dei decessi correlati a Covid e quasi il 40% dei ricoveri. La nostra comprensione scientifica di Covid continua a evolversi a un ritmo rapido con studi recenti che suggeriscono che GM-CSF è elevato in questo gruppo di pazienti. Dato il profondo impatto che questa pandemia sta avendo sugli anziani e i dati incoraggianti che condividiamo oggi, speriamo che questa scoperta venga replicata nella coorte aggiuntiva”.  

Ricerche recenti suggeriscono che il ruolo della citochina GM-CSF nella risposta immunitaria a Covid -19 può essere più prominente nei pazienti di età superiore ai 70 anni, mettendoli a maggior rischio di gravi complicazioni legate a Covid-19. C’è una necessità insoddisfatta di ulteriori terapie per aiutare a mediare la risposta immunitaria in questa popolazione di pazienti.  

“Il nostro obiettivo – commenta il presidente e amministratore delegato di Gsk Italia, Fabio Landazabal – è collaborare per trovare soluzioni per sconfiggere la pandemia e per questo continuiamo ad avere un dialogo continuo e costruttivo con le autorità locali, per essere certi di non perdere neanche un minuto e creare le condizioni affinché tutte le opportunità di cura arrivino velocemente ai cittadini”.