(Adnkronos) – Il suo viaggio da Kiev è cominciato lo scorso weekend. Fino ad allora, mentre le bombe piovevano sulla città, era rimasta chiusa in casa, uscendo solo raramente per prendere con fatica nei negozi vicini qualcosa per vivere. Poi il telefono ha squillato: l’occasione per lasciare la sua città assediata è un passaggio in macchina fino alla frontiera con l’Ungheria. Alla Ryndich si fa coraggio, mette in valigia l’essenziale, e decide di partire con altre 3 persone in fuga come lei. Da big della ricerca nella sua Ucraina a profuga della scienza a 83 anni. Destinazione Italia, dove ad accoglierla c’è un vecchio amico, quel virologo conosciuto nei lontani anni ’80, quando lavoravano insieme a ricerche sul rapporto tra retrovirus e tumori.  

Enzo Boeri non ha dimenticato la collega di un tempo, oggi capo del Dipartimento di genomica funzionale all’Accademia nazionale delle scienze di Kiev, anche se la vita li ha portati a intraprendere strade diverse. “Conosco Alla dal 1985 – racconta all’Adnkronos Salute – Lei a quel tempo era venuta a stare per un periodo di ricerca all’università di Genova, nell’Istituto di microbiologia dove lavoravo come specializzando. Abbiamo iniziato una collaborazione scientifica. Nel 1986, l’anno dopo, sono andato io a Kiev per un periodo di 3 mesi a lavorare da loro. E la collaborazione è andata avanti fino ai primi anni ’90”. Adesso Boeri lavora all’Irccs San Raffaele dove si occupa di diagnostica virologica. “Ma con Alla – spiega – siamo rimasti in contatto e molto amici, anche se ormai ci vedevamo di rado”. 

Quando sono iniziati i bombardamenti, prosegue, “l’ho cercata per capire se fosse a Kiev. Volevo accertarmi che stesse bene. Lei è ancora attiva sul fronte ricerca e per i suoi studi si è sempre mossa molto in Europa, e non solo”. Ma quando l’invasione russa è cominciata “era a Kiev. L’ho chiamata ogni giorno da fine febbraio per sapere come stava”, dice Boeri. “Poi le ho detto che, se fosse riuscita a espatriare, l’avremmo accolta io e mia moglie senza problemi. E così è stato”. Alla, classe 1939, è anziana e non è stato un viaggio facile: arrivata alla frontiera ungherese ha preso un treno per Budapest, poi per Lubiana in Slovenia, e da lì un altro treno per l’Italia. Scesa a Trieste, la sera di lunedì scorso, c’era Boeri ad aspettarla, per farle fare l’ultimo pezzo del viaggio in auto fino a Milano.  

“Ora è con noi – dice Boeri – e stiamo facendo le pratiche per l’accoglienza, per certificare lo stato vaccinale, la domiciliazione, la regolarizzazione dell’assistenza sanitaria”. L’anziana scienziata “è provata e molto stanca”. Di quei giorni porta con sé “il rumore delle bombe”. Il rumore di una guerra che congela vite e ferma anche la scienza, e che ha costretto Alla come tanti a lasciare tutto, anche gli studi che ancora seguiva da vicino.  

“Prima che iniziassero i bombardamenti l’accompagnavano in istituto – racconta il medico italiano – L’ultimo progetto di cui Alla si è occupata riguarda i meccanismi molecolari nelle fasi precoci della formazione delle metastasi”. Una vita dedicata alla ricerca di base, la sua. In Ucraina è considerata una pioniera della biologia molecolare. Nel 2020 è stata anche fra i vincitori del Premio di Stato nel campo della scienza e della tecnologia, assegnato con decreto firmato dal presidente Volodymyr Zelensky.  

Cosa farà adesso? “Le abbiamo detto di fermarsi quanto ritiene necessario”, spiega Boeri. Alla ha bisogno di riposo. Se lo vorrà, c’è chi è pronto ad adoperarsi per darle la possibilità di ricoprire il ruolo di visiting professor per un periodo, “se potrà svolgere questa funzione, come credo”, dice Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Farei lo stesso, e l’ho già fatto in passato, per colleghi russi. La cultura e la scienza non sono mai in guerra”.