(Adnkronos) – Era il 2016 quando Strimvelis*, prima terapia genica per la cura dell’Ada-Scid, la malattia genetica rara dei ‘bimbi in bolla’, riceveva in Ue il via libera dell’Agenzia europea del farmaco Ema. Sono passati 6 anni da allora. Anni in cui i bambini che hanno ricevuto il trattamento sono diventati grandi, hanno potuto giocare, andare a scuola, crescere insieme ai loro coetanei e non restare chiusi in una bolla asettica come succedeva in passato, per evitare di finire vittime di virus e batteri. Oggi quella terapia genica, frutto di lunghi studi di ricercatori italiani e andata avanti anche sull’onda delle donazioni di italiani, sarebbe stata a rischio dismissione. Fondazione Telethon ha annunciato a luglio che ne avrebbe rilevato la commercializzazione da Orchard Therapeutics (Otl). “E questo percorso ora è in fase avanzata – spiega all’Adnkronos Salute Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon – Confidiamo di poter essere nelle condizioni di partire nel primo trimestre 2023”. 

L’intenzione, dice, è “rilevare le attività che sono in mano a Orchard Therapeutics. Confermiamo la piena volontà di farlo. Per procedere abbiamo dovuto studiare come muoverci, andare a vedere i requisiti richiesti dagli enti regolatori, le caratteristiche che deve avere l’ente che si farà carico dell’operazione. Servono personale dedicato e precisi aspetti di tipo legale per tenere in commercio un farmaco. Farmaco che è rimborsato in Ue. E questo andrà a sollevarci un po’ da un impegno economico considerevole di startup che stimiamo di qualche milione di euro”. Il prezzo ex factory di Strimvelis è di 594mila euro. La prossima settimana sarà un momento importante per il progetto, perché il Cda di Fondazione Telethon si riunirà in via straordinaria per deliberare sui fondi da dedicarvi.  

Il piano è di “costituire un ente non profit – che sarà una fondazione – dedicato alla commercializzazione del farmaco. O meglio alla sua distribuzione, perché non sarà un ente che fa business e non ci sarà mai ripartizione di utili”, precisa Pasinelli. “Anzi, stiamo dando vita a una fondazione proprio per creare le condizioni per cui, a fronte di donazioni specifiche, sia possibile trattare anche quei pazienti che vengono da fuori Europa e che non hanno diritto al rimborso previsto negli Stati europei. Avendo noi una vocazione universale, vorremmo aprire anche questa strada e speriamo di riuscirci”. Telethon sarà responsabile della produzione in quanto titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di Strimvelis. Produzione che verrà affidata a un’officina farmaceutica autorizzata con le capacità tecnologiche necessarie. La terapia continuerà ad essere somministrata al San Raffaele di Milano (dove è nata, nei laboratori del Sr-Tiget). Quindi, trattandosi di un prodotto fresco, sarà sempre prodotto in Lombardia. 

“Non c’è dubbio che queste terapie siano difficilmente sostenibili per l’industria – ragiona Pasinelli – in quanto i malati sono molto rari e tutti i costi relativi al mantenimento in essere della registrazione, all’infrastruttura che deve essere costituita e dedicata, ai costi fissi, sono spalmati su un numero basso di pazienti. Abbiamo l’impressione che si arrivi sempre al limite, ma non dovendo noi ricavare anche un profitto, speriamo che per la nostra realtà possa essere sostenibile. E se in alcuni casi dovesse esserlo meno, contiamo su donazioni dedicate”. Fondazione Telethon è in campo. Pasinelli assicura: “Siamo disponibili ad applicare il modello ad altre terapie” nella stessa condizione di Strimvelis. 

Ad esempio: l’annuncio di Orchard Therapeutics che a marzo ha acceso il campanello d’allarme “riguardava due terapie: una – Strimvelis – già in commercio e l’altra pronta per il deposito del dossier di registrazione, cioè la terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich. L’azienda ha comunicato di voler dismettere perché non più interessata alle malattie rare da immunodeficienze primarie. Ma contestualmente ha anche detto che si sarebbe fatta parte attiva per cercare un partner industriale che la rilevasse. La ricerca è in corso. Laddove questa condizione non si verificasse, allora noi entreremmo in campo anche per questa terapia”, annuncia il Dg di Fondazione Telethon. “E’ per certi versi complesso, ma l’impegno non sarebbe doppio sul piano economico, perché buona parte della struttura sarebbe già attivata”.  

“Non possiamo – osserva Pasinelli – permetterci di abbandonare pazienti per i quali esiste una terapia. Sarebbe un delitto aver messo a punto tutti questi trattamenti con il contributo generoso dei donatori italiani e il supporto dei pazienti, e poi non somministrarli. E’ il vero completamento della nostra missione. Telethon nasce con questo spirito. Siamo intervenuti a supporto della ricerca su malattie che i pazienti denunciavano essere neglette. Poi, quando la ricerca è progredita fino a mettere a punto qualche cura, abbiamo sfidato un po’ il sistema trovando delle industrie disponibili a portarle avanti. Ciò poteva far credere che le malattie rare fossero oggetto di interesse, contrariamente a quanto si pensava in passato. In realtà, spesso l’interesse nasceva dal fatto che queste terapie possono essere un naturale banco di prova per tecnologie molto innovative che poi vengono utilizzate per scopi molto più estesi. Pensiamo al Covid” e alla piattaforma mRna, “o alle Car-T per i tumori”.  

“Anche negli anni in cui celebravamo con soddisfazione questo interesse industriale eravamo consapevoli del fatto che poteva non durare – ripercorre Pasinelli – Stiamo parlando di malattie ultra rare. Se viene definita rara una malattia in cui c’è un caso ogni 5mila abitanti, queste hanno una frequenza di un caso ogni 100mila abitanti, o addirittura ogni milione”. 

Tornando a Strimvelis, che è la prima terapia genica che Telethon commercializzerà, quali sono i numeri attesi? “Lo storico che abbiamo avuto in questi anni a livello europeo era di 5-6 pazienti l’anno – risponde Pasinelli – Sono pochi, ma sono 5-6 vite salvate. La terapia è una tantum, una volta per sempre. Se pensiamo a questi 5-6 bambini salvati ogni anno, e poi pensiamo ai futuri 5-6 l’anno che invece non potrebbero avere accesso alla terapia, capiamo che è inaccettabile non muoversi per evitarlo. Mi metto nei panni di una mamma. Per gran parte delle malattie rare una terapia non c’è e si va avanti nella frustrazione di non poter curare e di dover ancora investire in tanta ricerca che ne indaghi il meccanismo e come fare a correggerlo. Ma nei casi in cui siamo arrivati con sforzi immani economici e di ricerca a mettere a punto una terapia che ha già salvato parecchi bambini, fa male immaginare di non poterlo fare più pur avendone gli strumenti. Vanificheremmo il nostro impegno e lo troverei gravemente colpevole nei confronti delle generazioni future”.  

Da qui l’impegno di Fondazione Telethon. “E devo dire che le istituzioni stanno dimostrandosi piuttosto sensibili a considerare la nostra situazione. C’è un dialogo aperto. Non dico che ci sia una soluzione, ma l’impressione è che ci sia una volontà di ascolto. Del resto certi traguardi si raggiungono mettendosi al lavoro e cominciando a farle le cose. Noi non ci vogliamo sottrarre a questa responsabilità che crediamo importante e pienamente rispettosa dei malati. Sono loro i nostri portatori di interesse, l’obiettivo di tutto il lavoro”, conclude Pasinelli.