Pazienti oncologici in attesa di un farmaco che non si trova più da mesi e anche la sua possibile alternativa è carente. Accade in Italia in un ospedale della Capitale. A denunciare il caso è la figlia di un 73enne, che non si arrende a quanto può accadere in un Paese con il servizio sanitario giudicato, a livello internazionale, tra i migliori al mondo. 

“Mio padre è in cura da un anno per un carcinoma vescicale con annesse recidive. Per allungare i tempi della ripresa della malattia e scongiurare eventuali nuove recidive – ricostruisce Francesca F. all’Adnkronos Salute – l’iter diagnostico prevede per questa malattia diversi cicli di instillazioni chemioterapiche vescicali, nel caso di mio padre si tratta di instillazioni di Bcg (bacillo di Calmètte Guérin) con il farmaco Bcg Medac*”.  

Ebbene, attualmente questo farmaco e anche l’alternativa Oncotice* di Msd risultano carenti in Italia “e l’ospedale non sa darci una risposta – rimarca la ragazza – ho già chiesto aiuto al viceministro della Salute Sileri e ora vorrei l’intervento del ministro della Salute Speranza”. Le difficoltà a reperire questi due medicinali è nota alla Siu, la Società italiana di urologia. “Nella nostra esperienza confermiamo la carenza di Bcg Medac”, riferiscono gli esperti interpellati dall’Adnkronos Salute. Il motivo, escluso quello legato al lockdown Covid-19, potrebbe riguardare – secondo fonti attendibili – la difficoltà da parte delle aziende nel reperire alcuni componenti, le ‘starting material’, che servono a produrre il principio attivo.  

“Mio padre al momento sta bene – prosegue Francesca – l’ultimo controllo a maggio non ha evidenziato recidive e quindi avrebbe dovuto fare tre instillazioni vescicali (una a settimana) di mantenimento (ne aveva già fatte 6, senza problemi, a cavallo tra gennaio e febbraio). Quando sono andata in ambulatorio, l’oncologa mi ha detto che il farmaco sarebbe dovuto arrivare a metà giugno, ma così non è stato”.  

“Le ho chiesto se questo ritardo nell’inizio della terapia avrebbe comportato rischi maggiori; lei mi ha risposto, testuali parole, ‘che non si correvano rischi e che comunque mancando il farmaco, non avevano scelta’. Ma d’altronde, che mi doveva dire se non questo, vista la situazione? – chiede non nascondendo una certa preoccupazione per la situazione – Ho parlato anche con la segretaria dell’ambulatorio, mi hanno risposto dicendo che forse il farmaci sarebbe arrivato a metà luglio”. 

Di fronte alle risposte evasive da parte dell’ospedale e all’impossibilità di avere certezze su quando i farmaci saranno di nuovo disponibili, la figlia sta facendo di tutto per risolvere la situazione. “Ho scritto al viceministro Sileri, che mi ha risposto tramite la sua segreteria e scriverò preso al ministro della Salute Roberto Speranza – sottolinea – Vogliamo delle risposte da chi guida la sanità italiana, non mi fermerò finché il farmaco non sarà di nuovo disponibile per mio padre e per tutte le persone che stanno vivendo la nostra stessa situazione”.  

La carenza è attestata anche dall’Aifa. “Il medicinale Bcg Medac è carente dal 18 aprile 2019 per problemi produttivi dell’azienda titolare dell’autorizzazione al commercio – sottolinea l’Agenzia italiana del farmaco, contatta sul caso – il titolare Medac ha comunicato in data 26 giugno 2020 che il medicinale tornerà disponibile, se pur con quantitativi ridotti, e quindi in distribuzione contingentata, già a partire da metà luglio”.  

Oncotice, l’alternativa terapeutica, “è carente dal 30 gennaio 2020; per questo medicinale sono previste delle forniture nel mese di luglio, che però presumibilmente non permetteranno la fine della carenza (prevista per il 15 luglio 2020), in considerazione dei numerosi ordini accumulati in questo periodo”. Un piccolo spiraglio dovrebbe quindi aprirsi per i malati, ma molto dipende anche dall’ospedale e dall’Asl. Infatti a Roma altre grandi strutture hanno ancora scorte di entrambi i farmaci. Ma i problemi riguardano anche il resto d’Italia.  

“Poiché al momento né Medac né Msd sono in grado di garantire una fornitura adeguata dei medicinali a base di Bcg, per consentire il proseguimento della terapia per i pazienti in trattamento”, l’Aifa rilascia alle strutture sanitarie (ospedali e Asl) che ne fanno richiesta “l’autorizzazione a importare dall’estero un prodotto analogo”. Nei casi di carenze prolungate le aziende non possono lasciar passare troppo tempo senza dare una risposta o prorogando ancora l’irreperibilità del prodotto perché scatterebbe la sanzione da parte dell’Aifa.  

Bcg è l’acronimo di Bacillo di Calmètte-Guerin, un ceppo batterico attenuato utilizzato fin dal 1920 come vaccino sull’uomo per la prevenzione della malattia tubercolare. Dal 1976 viene utilizzato come farmaco antitumorale, in quanto, stimolando una reazione immunitaria locale, è efficace nel prevenire recidive neoplastiche. Dopo aver subito una resezione transuretrale di tessuto vescicale per neoplasia superficiale, può essere necessaria l’instillazione con Bcg per distruggere lamalattia o prevenirne una recidiva.  

L’emergenza coronavirus ha riproposto l’uso, come vaccino, del Bcg come possibile arma contro il Covid-19 e negli Usa è stato testato. Ma le carenze in Italia non sarebbero legate a questa seconda vita del farmaco.  

Secondo l’Airc, quello della vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori e, in urologia, è secondo solo al cancro della prostata. “È più comune tra i 60 e i 70 anni ed è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne. Alla diagnosi il tumore della vescica è superficiale nell’85% dei casi, infiltrante nel 15%”. In base ai dati del Registro tumori, in Italia nel 2017 sono stati stimati circa 27.000 casi di tumore vescicale, considerando sia le forme infiltranti sia quelle superficiali. Sempre secondo l’Aric, “la sopravvivenza a cinque anni, in Italia, è di circa l’80% sebbene sia molto frequente la probabilità di recidiva, cioè della ricomparsa del tumore anche a distanza di tempo”.