“Non esistono giochi in grado di indurre un adolescente al suicidio, se l’idea di morte, il fatto di non sentirsi vivo, non è già presente dentro di lui”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Federico Tonioni, responsabile dell’Area delle dipendenze del Policlinico Universitario Gemelli Irccs e docente di psichiatria all’Università Cattolica, dopo la morte di un undicenne a Napoli e il possibile legame con una challenge sui social network. “Non conosco il caso del bambino di 11 anni di Napoli, ma nonostante oggi ci siano giochi che regalano esperienze immersive, posso dire che questi non sono in grado di indurre i bambini al suicidio”. 

Un rischio che invece c’è “se il bambino non si sente vivo. Ci sono ragazzini apparentemente sani e felici, che in realtà non riescono a deludere le aspettative genitoriali, non riescono ad essere se stessi. Ma se ti senti amato perché sei stato bravo a scuola, o nello sport, non sperimenti un amore gratuito. Ecco che ci troviamo di fronte a bambini terrorizzati all’idea di deludere i genitori, che non riescono a dire bugie perché si sentono in colpa. Ecco, questi sono bambini a rischio. Noi genitori – aggiunge Tonioni – chiediamo ai bambini di essere come li abbiamo immaginati, ma questo non va bene, e non è sano. Diamo loro la possibilità di deludere le nostre aspettative, e di essere se stessi. Diamo loro la possibilità di sentirsi vivi”.  

I bambini a rischio, con tendenze suicidarie anche a livello inconscio, “si riconoscono perché sono spesso vittime di incidenti, dai traumi alle cadute dal motorino. Elementi che non vanno sottovalutati. Ma il mio invito – conclude l’esperto – è quello di non considerare i bambini ‘manichini’ e proiezioni dei nostri desideri: lasciamoli liberi di stupirci, di chiederci: ‘Ma questo da dove arriva’? Solo così potranno sentirsi vivi”.