(Adnkronos) – “In Italia purtroppo sono ancora poco utilizzati per difficoltà organizzative e per scarsa conoscenza circa la loro efficacia, eppure gli anticorpi monoclonali insieme agli antivirali orali rappresentano un punto di svolta per il trattamento dei pazienti fragili con Covid-19, che altrimenti avrebbero un’alta probabilità di sviluppare la forma severa della malattia”. Così Ivan Gentile, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università Federico II di Napoli, che racconta la sua esperienza con gli anticorpi monoclonali, trattamento terapeutico contro Sars-Cov-2, in uso dal marzo 2021.  

“Grazie a queste terapie virtuose – afferma l’infettivologo – il virus fa meno paura, oggi possiamo guardare l’infezione da Sars-CoV-2 come una delle tante malattie infettive e non la peste del millennio che era concepibile nei primi mesi di pandemia, quando ancora non avevamo gli strumenti per gestirla. Presso l’Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli con i monoclonali abbiamo trattato diverse centinaia di soggetti a rischio, tra cui diabetici, obesi, immunodepressi, pazienti oncologici, con malattie del fegato, trapiantati renali e donne in gravidanza con Covid in fase precoce. I risultati – riferisce – sono stati e sono eccellenti: le infusioni di monoclonali hanno ridotto di circa l’80% la probabilità che questi pazienti sviluppassero la forma grave della malattia, andando incontro a polmonite, con necessità di ossigeno in terapia intensiva o con esito letale”.  

“Tra i vantaggi enormi di queste terapie, la modalità di trattamento e i costi – spiega Gentile, che è anche direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive all’Aou Federico II -. L’infusione dura un’ora, stesso lasso di tempo richiede il periodo di osservazione e della visita. Ma un conto è stare a casa con qualche linea di febbre e un po’ di tosse, un altro è stare in ospedale magari intubati o peggio. Una differenza abissale per il singolo ma anche per il Servizio sanitario nazionale, perché in questo modo si riduce il carico dei pazienti destinati alle terapie intensive, e il costo per ciascuno malato”.  

Il problema del Covid, ricorda Gentile, specialmente nella prima ondata, “è stato vedere arrivare negli ospedali troppi pazienti in un tempo breve, così il sistema è collassato – ricorda l’esperto -. Quindi, meno pazienti per un sistema pubblico fragile di suo è sicuramente un risultato virtuoso anche dal punto di vista economico. Il costo di una infusione è irrisorio rispetto a un ricovero per Covid che in media è di 20mila euro al giorno, una cifra enorme, ovvero 20 volte in più. Triste per noi medici parlare di soldi – sottolinea – ma dobbiamo fare i conti anche con le risorse limitate”.  

Dopo mesi di rodaggio, anche intercettare i pazienti a rischio nei primi giorni in cui si manifestano i sintomi della malattia è diventato più semplice. “I pazienti con alta probabilità di sviluppare la forma grave del virus vengono individuati da oncologi, ematologi, cardiologi, ematologi, ginecologi, medici di medicina generale – sottolinea l’infettivologo -. Inoltre, abbiamo messo a disposizione anche una casella di posta elettronica monoclonalifederico2@unina.it
grazie alla quale i medici del territorio ci possono segnalare le categorie fragili. Un percorso molto semplice grazie al quale al Policlinico federiciano abbiamo trattato con i monoclonali anche soggetti trapiantati renali. Pazienti che in genere hanno una bassa possibilità di sopravvivere al virus e un’alta probabilità di sviluppare complicanze, con questi farmaci invece hanno ottenuto una percentuale altissima di sopravvivenza”.  

Secondo Gentile, ci sarebbe anche un modo più efficace per individuare i pazienti a rischio nella fase della malattia paucisintomatica o sintomatica e che ancora non si è trasformata in polmonite, da sottoporre a monoclonali. “In alcune Regioni – afferma – quando il paziente esegue il tampone con esito positivo nel referto trova indicati i centri di malattie infettive che effettuano trattamenti con gli anticorpi monoclonali e/o con farmaci antivirali. Dunque, il paziente è invitato a chiamare il centro. Questa modalità potrebbe essere un passo in avanti per avere più pazienti e spero che anche la Regione Campania segua l’esempio”. 

Il paziente da sottoporre al trattamento con gli anticorpi monoclonali o con terapie basate su antivirali orali viene accolto in un ambulatorio Covid per persone fragili creato ad hoc all’interno del Policlinico universitario. “In questa struttura il lavoro più complesso è quello di back-office che ci permette di lavorare su ogni paziente in maniera rapida. Prima della visita dobbiamo sapere innanzitutto chi è il paziente, quali sono le sue fragilità, se è affetto da più patologie. Quindi organizzare la logistica, gli spostamenti, capire che tipo di monoclonale o farmaco possiamo utilizzare. Ma prima del trattamento il paziente ha già pagato il ticket da remoto con bonifico o un’app. Oggi il monoclonale che più utilizziamo è uno solo: quello che funziona su Omicron ed è sotrovimab”.  

“Eventi avversi significativi non ne abbiamo registrati – spiega Gentile -. Le persone hanno accettato molto bene il trattamento, non ci sono stati rifiuti e la percentuale di pazienti ricoverati in ospedale è stata molto bassa. Questo modello che abbiamo realizzato è assolutamente esportabile in altri contesti ma ci vuole tanta volontà, bisogna anche imporsi con i vertici aziendali. L’auspicio – conclude – è che altri colleghi possano essere incentivati a fare un percorso simile che non è complesso ma occorrono buona volontà e tanto lavoro”.