Continuano all’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma le attività di screening messe in campo per selezionare i volontari che parteciperanno alla sperimentazione del vaccino made in Italy Grad-Cov2. Fra le persone esaminate finora, 5 hanno superato la prima parte di valutazione clinica – riferiscono dal centro della Capitale – e se gli esami ematochimici confermeranno il buono stato di salute e la loro idoneità diventeranno i primi candidati a ricevere il vaccino, i ‘pazienti zero’, per testare la sua sicurezza in questa fase precoce di sperimentazione (Fase I).  

Come annunciato ieri, si prevede di vaccinare il primo gruppo tra il 24 e il 26 agosto. Dall’Istituto puntualizzano che il percorso di selezione richiede tutta una serie di passaggi e ha i suoi tempi. Due équipe sono al lavoro, c’è un numero telefonico e spazi dedicati per le visite. Gli aspiranti volontari che hanno presentato la candidatura, come riferito ieri, sono già oltre 3 mila. E gli esperti hanno una grande mole di lavoro da fare: scremano prima di tutto le email e le telefonate che ricevono, poi richiamano i candidati e richiedono un ‘curriculum’ ricco di informazioni, poi si passa alle valutazioni e all’anamnesi. Qualcuno non si presenta. E’ un percorso in più step. E si prevede che il ritmo delle selezioni aumenterà gradualmente nei prossimi giorni. 

VAIA – “I test rapidi a chi arriva o rientra dall’estero, in punti nevralgici come porti, aeroporti e stazioni, sono più che sufficienti per dirci chi sono i francamente positivi a Covid-19. Ed è quello che ci serve in questa fase. Sono soddisfatto perché il ministro della Salute Roberto Speranza si sta muovendo in questa direzione”. A sottolinearlo all’Adnkronos Salute è Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Vaia spiega che il Laboratorio di virologia dell’istituto ha redatto un parere proprio più di due settimane fa per il ministero della Salute su due test rapidi. Una relazione sempre su questo fronte era già stata redatta per il Veneto. 

Il punto di partenza per entrambi i test valutati dallo Spallanzani è quello del tampone classico, nel senso che si analizza un campione di ‘droplets’, il secreto nasofaringeo. Un test è immunocromatografico, cioè si colora se positivo, l’altro è basato sull’immunofluorescenza e dà come esito la scritta ‘positivo’ o no. “E’ risultato più affidabile l’immunofluorescente. E sicuramente l’esame ‘principe’ resta sempre il classico tampone, che può servire come conferma. Ma secondo me è importante avviare controlli su chi arriva dall’estero”, conclude Vaia.