Sebbene non ci siano ancora farmici per curare l’Alzheimer, la scienza sta facendo passi importati nella diagnosi precoce della malattia

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Sebbene la medicina faccia passi da gigante in tutti i settori, ancora oggi non esistono formaci per contrastare la progressione dell’Alzheimer. Per questo è importantissimo riuscire a fare una diagnosi precoce ed un recente studio avrebbe individuato un sintomo visibile nel sangue che comparirebbe 17 anni prima della malattia.

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Perdita di memoria, difficoltà cognitive e comportamentali, il morbo di Alzheimer è una delle più comuni forme di demenza e ne rappresenta il 50-80% dei casi. Curarlo è difficile, tuttavia un intervento tempestivo dato da una diagnosi precoce può aiutare a ritardarne la manifestazione.

Un team di scienziati guidato dal professor Hermann Brenner del DKFZ di Heidelberg insieme al team del professor Klaus Gerwert direttore fondatore del Center for Protein Diagnostics (PRODI) della Ruhr-Universität Bochum, è riuscito tramite un sensore immuto-infrarosso sviluppato a Bochum, a identificare il ripiegamento errato dei i biomarcatori proteici amiloide -beta con un anticipo di 17 anni rispetto all’insorgere della malattia. Tali ripiegamenti errati, provocano con il progredire della demenza le cosiddette placche.

Lo studio è stato pubblicato a luglio di quest’anno sul Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association.

“Il nostro obiettivo è determinare il rischio di sviluppare la demenza di Alzheimer in una fase successiva con un semplice esame del sangue anche prima che si formino le placche tossiche nel cervello, al fine di garantire che una terapia possa essere iniziata in tempo”

professor Klaus Gerwert

Crediti foto@Shutterstock

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