Dopo anni di battaglie contro la plastica e gli strumenti monouso, l’emergenza Covid ha finito per riportare indietro le abitudini della gente, aumentando velocemente il consumo di oggetti usa e getta come le mascherine: una questione pericolosa che, a quanto pare, contribuirà non poco all’aumento della presenza di plastica nei mari del mondo.
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Covid, in mare ci sono più mascherine che meduse: l’allarme di un’associazione
La presenza di plastica in mare è già da anni una tragedia, ma il Covid 19 sta accelerando un processo di per sé già tragico, per via del mancato smaltimento di nuovi rifiuti, come i dispositivi medici e le mascherine.
Negli ultimi mesi, la presenza di mascherine e guanti monouso nelle acque italiane è cresciuta esponenzialmente, al punto da aver portato l’associazione ambientalista francese Opération Mer Propre a fare una drammatica rivelazione: “nel mar Mediterraneo ci sono più mascherine che meduse”.
Si tratta di una stima tragica, che rende perfettamente l’immagine di quanto stia accadendo nei nostri mari mentre sulla terraferma combattiamo contro il coronavirus.
Con la riapertura delle scuole la situazione è destinata a peggiorare
La situazione è destinata solo a peggiorare, soprattutto con la riapertura delle scuole, che potrebbe portare a un numero di 11 milioni di mascherine al giorno da smaltire. Le mascherine, inoltre, vanno gettate sempre nell’indifferenziato (il vecchio “sacco nero”) e non nei contenitori della raccolta differenziata. Il loro riciclo – essendo possibili portatrici di agenti patogeni – è infatti pericoloso e vanno quindi incenerite.
Un vero e proprio problema, anche perché gli inceneritori – almeno in Italia – non bastano a gestire un simile carico, causando per forza di cose un incremento della presenza di mascherine e guanti nelle discariche o, peggio ancora, una loro dispersione nell’ambiente.
La soluzione, al momento, è quella di utilizzare il più possibile i dispositivi lavabili, al fine di evitare una dispersione nell’ambiente di rifiuti non biodegradabili.
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