La messa in onda di Biancaneve e i sette nani ha fatto registrare un’impennata nello share di Rai1. Pochi telespettatori però conoscono il clamoroso retroscena che si nasconde dietro il famoso film d’animazione statunitense.

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È una delle favole più famose e amate al mondo, ma dopo aver letto la teoria di Mitchell Stephens, docente di storia della televisione alla New York University, potreste guardare alla storia con occhi diversi.

Oggetto degli studi del professore americano è Biancaneve e i sette nani, un classico cinematografico di Walt Disney, che proprio la sera di Natale, Rai Uno ha mandato in onda in prima serata, facendo registrare un’impennata nello share, ben il 21,40%. Un film d’animazione per tutta la famiglia che però secondo Stephens ha uno stretto legame con la droga.

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In particolare, secondo la sua analisi, i nomi dei sette nani sarebbero dei chiari riferimenti ai vari stadi cui induce il consumo di cocaina e ogni appellativo con cui sono conosciuti i piccoli ometti amici della bella protagonista, rappresenterebbe uno degli effetti causati da questo stupefacente.

Quando si prova la cocaina per la prima volta, ad esempio, ci si sente sfatti, proprio come Cucciolo, che in inglese si chiama Dopey, sfatto, appunto. Brontolo, invece, è sempre imbronciato (Grumpey) e irritabile, proprio come un soggetto che è in astinenza, mentre Eolo (Sneezy) non può fare a meno di starnutire in continuazione, ricordando quel prurito al naso di cui soffre chi abusa di cocaina.

Anche la timidezza di Mammolo (Bashful) e l’euforia di Gongolo (Happy) sono conseguenza dell’abuso della droga bianca. Secondo il docente americano, persino la sapienza di Dotto (Doc), il più saggio tra i sette nani, è un chiaro riferimento alla sensazione di onnipotenza che pervade chi è dipendente da cocaina.

L’ultimo stadio della dipendenza, l’intorpidimento, sarebbe rappresentato dal tenero Pisolo (Sleepy), che si addormenta ovunque.

(foto @kikapress)