Le intellettuali di Piazza Vittorio, in scena fino al 28 dicembre in vari teatri del Lazio, fa sorridere e riflettere. La nostra recensione

Dinamismo in scena e sinergia fra attori e con il pubblico ci hanno dato motivo di applaudire ancora più forte la replica de “Le intellettuali di Piazza Vittorio” della compagnia Valdrada, al Teatro Tor Bella Monaca la sera dell’8 dicembre, con la regia di Augusto Fornari.

Il tema dell’autodeterminazione (delle donne, certo, ma anche dei figli di seconda generazione) si esalta nella vicenda privata di un amore ostacolato dalla ragione in questo testo che prende le mosse dal classico di Moliere ma è completamente rivoluzionato dall’idea di Fornari e dalla riscrittura di Chiara Becchimanzi – che a fine spettacolo ringrazia per i contributi sulla cultura iraniana Vittorio Hamarz Vasfi, che nello spettacolo appare in video proiezione delle vesti del padre, Kourosh.

La storia de “Le intellettuali di Piazza Vittorio”

Quando Laleh (Giorgia Condeduca) si innamora di Khodadad (Teo Guarini) e decide di sposarlo, la sorella maggiore di Laleh, Azdeh (Chiara Becchimanzi), si oppone con forza e ostinazione per molti motivi: il rispetto delle lotte femministe della loro defunta madre (Cinzia Leoni, che appare in scena come video proiezione), la diffidenza nei confronti dello spasimante – la cui famiglia apparteneva ai movimenti estremisti e che in passato aveva corteggiato anche lei e che quindi, agli occhi di Azdeh, appare completamente indegno di fiducia.

Lo spettacolo sembra domandare: la donna e la femmina possono convivere? E, soprattutto, può la ragione trovare un compromesso con il sentimento?

La risposta – mai univoca e definitiva, anzi, arricchita dalla pluralità degli sguardi – risiede nei personaggi che popolano la casa della famiglia Bahmani: si trova nella confusione dell’esilarante zia Pareesa (interpretata da Giulia Vanni) che coltiva le sue illusioni con candida felicità; nel personaggio del fratello Daryush (Stefano Fresi, speciale apparizione in videochiamata) che si è fatto trapper, si è emancipato, vive lontano dalle sorelle e si esprime solo in versi rap ma non abbandona la sua famiglia nei momenti difficili; nell’ipocrita cineasta Trissottani (Claudio Vanni) che dovrebbe girare un documentario ma in fondo sembra tentare disperatamente di essere accettato in casa; e troviamo una grande risposta nella figura della governante Tina, la meno “intellettuale” in casa Bahmani ma capace di prendersi cura di tutti e vero collante della famiglia – oltre che irrinunciabile très d’union fra il palco e la platea che è stata dominata dal ritmo impeccabile dell’interpretazione di Monika Fabrizi.

Uno spettacolo consigliato a chiunque voglia passare una piacevole serata in teatro guardando e scoprendo come i temi di attualità possano intrattenere e divertire quando sono trattati attraverso la pluralità degli sguardi, rappresentati dai vari personaggi, e con la grande energia e talento di una compagnia affiatata.

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