Si apre il Festival Internazionale del Film di Bari, la prima pellicola Paradise di Andrei Konchalovsky, dopo il film un lungo incontro con il regista

Ore nove parte il BIF, in sala di prima mattina Andrei Konchalovsky, Paradise, la pellicola. Non siamo pronti forse a questo linguaggio, a queste immagini, a questa storia che subito ci ricorda con una sberla che stiamo ad un festival vero dove al centro c’è l’emozione della sala con tutta la sua violenza. Alla proiezione  segue un incontro, un workshop con  Andrei Konchalovsky, il grande maestro russo.  Konchalovsky arriva con aria semplice e disincantata cappello e scarpe da ginnastica, in poche battute siamo subito al centro del confronto emozione ed immagine.
Un incontro di due ore quello di Konchalovsky tutto dedicato ad esplorare l’intimo. La sua oggi è una ricerca pura, dedicata al cinema e cosa voglia dire fare cinema.
Intellettuale, artista, maestro, potremmo usare diversi epiteti per Konchalovsky, lui li rifiuta tutti, “sono una persona che pensa, uno di voi, uno che cerca di capire”.
L’incontro parte, tema la capacità di seduzione del male,  il grande potere di persuasione che movimenti e personaggi negativi, grazie a populismo e dialettica riescono a avere su persone normali. Si parte dal suo Paradise, terreno fertile per questo argomento,  per parlare di potere occulto e mediatico, il potere che riesce a travolgere e coinvolgere brave persone in movimenti ed azioni di violenza. Konchalonbsky fa subito qualche battuta e allusione ai bombardamenti di questi giorni in Siria, la testa se ne va e iniziamo subito a ricordarci di quale sia il vero peso dell’arte e quando sia importante nella vita ascoltare un grande maestro che con semplicità disarmante ci apre la testa, ad ascoltarlo un Petruzzelli gremito di gente di tutte le età.

L’incontro vola leggero, le parole ci spingono a riflettere sull’eccesso di esposizione di immagine e suono a cui oggi siamo sottoposti. Secondo Konchalovsky Il film perfetto è una sequenza di immagini senza musica, una finestra verso il nostro cuore e la nostra pancia. C’è bisogno di silenzio, di riflessione. Scherza con chi mangia i popcorn al cinema e prende in giro il film da cassetto ammettendo di aver partecipato più volte a questo tipo di giorno. Ma oggi la strada che ha intrapreso è diversa, cinema è dare spazio ad un percorso di immagini, una scelta puntuale di una sequenza.  Cinema è riuscire a portare gli spettatori in un percorso che può prevedere pianto, gioca e paura, le tre grandi emozioni dell’uomo come nella tragedia greca. Queste sono le chiavi della nostra anima, Questi sono i punti che un regista, un autore deve colpire. Non è la storia, non è la produzione, non è il budget, non sono gli effetti ma unicamente la capacità di portare gli spettatori per mano attraverso un percorso di emozioni. Come farlo non ce lo svela e ci dice semplicemente che questa è la ricerca che ha intrapreso, la strada da percorrere. Si può studiare il linguaggio, si possono studiare i maestri ma alla fine è una pura alchimia.
Il cinema non è entertainment, il cinema che Konchalovsky cerca è arte, è la luce proposta dai grandi maestri. Un cinema eroico di sentimenti che va oltre ogni vantaggio tecnologico e mediatico e mira unicamente al cuore.

Non possiamo cominciare meglio questo festival che fa dell’emozione della sala il suo fiore all’occhiello. Questa sera ci attende Gianni Amelio con il suo La Tenerezza, il tema anche qui la famiglia ed il rapporto fra le persone. E allora troviamo un filo conduttore della prima giornata un movimento di sincro-destino che ci fa incrociare la veracità di questo festival di Bari con una prima giornata totalmente dedicata all’emozione.