I me contro te: un fenomeno dell’infanzia digitale
La storia di Luì e Sofì, meglio noti come Me Contro Te, è quella di due giovani siciliani che hanno conquistato il cuore dei bambini italiani. Con oltre 7 milioni di iscritti su YouTube, successi cinematografici, album di platino e un merchandising diffuso ovunque, la coppia è diventata un punto di riferimento nell’intrattenimento per l’infanzia. Ed è proprio questo successo clamoroso che ha acceso interrogativi sul modello che gli sta dietro.
Foto: Kikapress
Salvo Sottile indaga sul “sistema che c’è dietro”
Il giornalista Salvo Sottile, intervenendo su Instagram, ha sollevato una riflessione: non tutte le produzioni dei Me Contro Te sono etichettate come “kids”. Questo potrebbe aprire la porta a pratiche — come pubblicità profilata, abbonamenti o commenti — normalmente limitate nei contenuti indirizzati ai minori. Un dettaglio che, secondo lui, trasforma un intrattenimento apparentemente innocente in un’operazione commerciale di grande impatto.
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L’infanzia come terreno di business
Sottile sottolinea come la reale questione non sia tanto la notorietà o i guadagni della coppia, quanto il meccanismo di fondo: un sistema che sfrutta l’infanzia come booster per un business altamente remunerativo. Dai clic dei bambini agli investimenti immobiliari: ciò che inizialmente sembra un video giocoso può trasformarsi rapidamente in un motore economico pesante e strutturato.
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Il patrimonio personale e i vuoti normativi
Luì e Sofì avrebbero accumulato un patrimonio consistente, stimato attorno ai 17 milioni di euro, grazie anche a investimenti immobiliari, come la proprietà di decine di appartamenti a Milano. In questo contesto, Sottile accende una luce sul vuoto normativo che permette simili equilibri.
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Da idoli dei bambini a protagonisti adulti
Non è la prima volta che la dimensione adulta entra nella narrazione dei Me Contro Te. Già nei mesi scorsi, Selvaggia Lucarelli aveva evidenziato un cambiamento nei loro contenuti: un tono più “passivo-aggressivo”, ostentazione di lusso, riferimenti più diretti all’omosessualità e punzecchiature ai concorrenti. Secondo la Lucarelli, questa evoluzione sarebbe una strategia per allargare il target al pubblico adulto e sostenere i ricavi.
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