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Coronavirus, psicosi da carta igienica: ecco cosa scatta nel nostro cervello

In USA e in Australia nelle ultime due settimane migliaia di persone, a causa del panico generato dalla velocissima diffusione del Coronavirus, sono corse ai ripari comprando tonnellate di carta igienica. Mentre sugli scaffali della maggior parte dei supermercati italiani è finita la farina, in altri paesi la corsa al “nuovo oro” ha generato una vera e propria psicosi.

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Abbiamo visto file interminabili, risse, carrelli pieni di pacchi di carta igienica e addirittura un hashtag a tratti ironico come #ToiletPaperApocalypse è finito in tendenza. Da dove deriva questa irrazionale paura di rimanere senza?

Coronavirus, psicosi da carta igienica: ecco cosa scatta nel nostro cervello

Questo prodotto è senz’altro ritenuto un bene di prima necessità, che costa relativamente poco, non si deteriora e può essere facilmente sistemato nello sgabuzzino o in cantina: dunque per la sua natura e il suo utilizzo è normale che la carta igienica sia considerata importante.

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Coronavirus, psicosi da carta igienica: ecco cosa scatta nel nostro cervello

Eppure secondo alcuni esperti la psicosi da carta igienica è legata ad un comportamento che viene definito in gergo FOMO, Fear of Missing Out, la paura cioè di essere tagliati fuori.

Alla BBC, infatti, la ricercatrice Nitika Garg della University of New South Wales ha fatto sapere:

“Se vediamo le persone comprare un bene, se il mio vicino lo compra, penseremo che ci sono buone ragioni per comprarlo anche noi”.

Siamo inoltre portati per indole a osservare il comportamento degli altri e copiarlo (ASSURDO SPETTACOLO IN QUESTO SUPERMERCATO), per cui vedere gente che fa scorta di carta igienica ci spinge ad assumere lo stesso atteggiamento.

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Il professore di Psicologia all’Università della British Columbia Steven Taylor, autore di “The pathology of pandemics” ha spiegato:

“Penso che probabilmente provenga dalle immagini pubblicate sui social network che erano molto chiare: i pacchi di carta igienica sono molto riconoscibili e sono diventati un simbolo di sicurezza nella testa delle persone“.

 

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Poi ha aggiunto:

“Le persone sentono il bisogno di mettere in salvo se stesse e le loro famiglie, perché non possono fare altro che lavarsi le mani e isolarsi”.

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