Uno studio ha evidenziato come il Coronavirus ‘viaggiasse’ sui social ben prima della scoperta dei primi casi acclarati

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Che il Covid-19 avesse preso possesso dei terrtiori europei ben prima della scoperta dei primi focolai è cosa ormai certa, ma quel che non tutti sanno è che sui social network c’erano già dei segnali d’allarme purtroppo passati inosservati agli occhi delle istituzioni e delle autorità sanitarie.

Uno studio coordinato dal professor Massimo Riccaboni, docente di Economia presso l’IMT School for Advanced Studies di Lucca, ha infatti evidenziato come tra la fine del 2019 e i primi del 2020 ci siano stati su Twitter molti più post che contenevano ‘polmonite’ e ‘tosse secca’ rispetto agli anni precedenti. A rendere il tutto ancora più inquietante è la constatazione che molti di questi messaggi provenivano dalle zone in cui sono scoppiati i primi focolai d’Europa, come la Lombardia e l’area di Madrid, in Spagna.

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Il Covid ‘viaggiava’ già su Twitter: i dati dello studio

Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports del circuito Nature, si è concentrato sul periodo compreso tra dicembre 2014 e marzo 2020 raccogliendo tutti i post contenenti il termine ‘polmonite’ nelle sette principali lingue europee. Questo non solo perché la polmonite è una delle complicazioni peggiori dovute al Covid-19, ma anche perché dal momento che la stagione influenzale del 2020 è stata più mite delle precedenti è nato il sospetto che non fosse questa la causa principale dei casi segnalati sui social.

Osservato poi che il numero di post con la parola chiave nel 2020 era di gran lunga maggiore di quello rilevato nello stesso periodo del 2019 e del 2014, i ricercatori hanno proceduto con la geolocalizzazione di 13mila post, scoprendo che la maggior parte proveniva dalle regioni colpite per prime dalla pandemia, come la Lombardia, la zona di Madrid e la regione settentrionale della Francia.

Successivamente i ricercatori hanno fatto lo stesso lavoro sulla parola chiave ‘tosse secca‘, tra i sintomi più comuni dell’infezione da Covid-19. I risultati hanno confermato quanto osservato in precedenza, rilevando numerosi tweet postati settimane prima della scoperta dei primi casi acclarati, come quello del ‘paziente 1’ di Codogno del 20 febbraio 2020.

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Le conclusioni dello studio

Lo studio ha quindi evidenziato la necessità di creare un sistema di sorveglianza digitale integrato in cui i social possano dare un significativo contributo alla geolocalizzazione delle catene di contagio, rivelandosi un importante strumento per intercettare i primi segnali di nuove malattie prima che queste esplodano rendendo molto difficoltoso il tracciamento della sua diffusione.