Niccolò Fabi, dopo anni dalla morte della sua figlioletta, ha raccontato come sia riuscito a trasformare il dolore provato alla morte della sua bambina. Ecco cosa ha fatto per vivere dopo il dramma.

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Nessun genitore dovrebbe assistere al funerale del proprio figlio. Ma capita, capita spesso. È capitato anche a Niccolò Fabi, che il 3 luglio 2010 ha perso la sua bambina a soli 22 mesi a causa di una meningite fulminante. Un dolore devastante che il cantante romano ha fin da subito cercato di trasformare in speranza. Per altri bambini, e non solo.

Con questo spirito, subito dopo la morte della figlioletta, è nata una fondazione che porta il nome del suo piccolo angelo, Le Parole di Lulù. Attraverso questa associazione benefica, Niccolò e la compagna, Shirin Amini, regalano gioie e sorrisi ad altri bambini di tutto il mondo.

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Grazie alle iniziative di solidarietà messe in campo, sono stati raccolti circa 250 mila euro per finanziare i progetti della fondazione come donare un’ambulanza dotata di Ecmo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, creare il nido “Il giardino di Lulù” o ristrutturare il reparto pediatrico all’ospedale di Chiulo in Angola.

Il motivo per cui continua Parole di Lulù – ha raccontato il cantante in una recente intervista al Corriere della Sera – non è continuare ad avere un rapporto con qualcuno che non c’è più. Eventualmente è rimanere attaccati a quello che noi abbiamo imparato grazie all’esistenza di qualcuno, ci permette di concretizzare qualcosa”.

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Staccarsi dagli affetti che ci lasciano provoca sofferenza, certo, ma oltre il dolore per la perdita, può esserci altro.

Tutte le cose più importanti – ha spiegato ancora Niccolò – che ho imparato le ho imparate separandomi. Quindi non riesco a vedere una fine di qualcosa come qualcosa di negativo, che toglie dignità: non considero neanche il fatto che io e Shirin ci siamo lasciati come un fallimento, anzi a maggior ragione Parole di Lulù ha un ulteriore significato, in virtù di questo. Parole di Lulù è un sentimento, e quel sentimento per fortuna non è che si esaurisce”.

I genitori di Lulù vogliono continuare a fare del bene e vogliono farlo nonostante l’odiosa macchina burocratica sia pronta a frenare ogni più lodevole e ambiziosa iniziativa. Come il parco giochi che Niccolò e Shirin volevano realizzare a Taranto e che per ora è stato rinviato a data da destinarsi.  “La verità – spiega con amarezza l’artista – è che siamo un Paese di esseri umani con grandi entusiasmi, generosità, slanci. Un Paese sentimentale, che dà grandi prove di collettività nelle emergenze. Ma di fatto siamo solisti, non orchestre, imbrigliati fra i tanti cavilli burocratici. Se c’è una persona di riferimento che si spende per te, allora tutto va a buon fine. Altrimenti il rischio di rimanere impantanati è altissimo”.

Le prossime iniziative? L’evento del primo settembre a Catania: Le Parole di Lulù raccoglieranno fondi per aiutare l’associazione Talità Kum.