(Adnkronos) – “E’ importante parlare di temi come la mastectomia profilattica” per donne con mutazioni genetiche che amplificano il rischio di tumori a seno e ovaie. L’attrice Usa “Angelina Jolie è stata la prima a farlo nel 2013 ed è stato utile, ha smosso le acque sia dal punto di vista medico che di opinione pubblica”. Ora a raccontarsi sui social è la modella italiana Bianca Balti. Parlarne fa bene per Viviana Galimberti, direttore della Divisione di senologia dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. “Si pensi che purtroppo questo intervento non è a carico del sistema sanitario, non viene riconosciuto – sottolinea all’Adnkronos Salute – E’ grave. Il sistema sanitario prevede e assicura un controllo assiduo con ecografie, mammografie e risonanze anche molto più strette, gratuite, ma non arriva a coprire le spese sanitarie per chi sceglie e vuole affrontare la chirurgia profilattica”. 

“Noi specialisti siamo andati a Roma a fare una dichiarazione in Senato – evidenzia la specialista, che anche lei si è sottoposta a chirurgia profilattica – Negli ospedali siamo un po’ con le mani legate su questa problematica: abbiamo donne che vogliono fare queste scelta, ma abbiamo una lista d’attesa più lunga proprio perché, non essendo un intervento rimborsato, ci sono difficoltà”. Così si limita la prevenzione, osserva Galimberti, “mentre investire anche su questi percorsi porterebbe un risparmio comunque successivo, nel senso che ci sarebbero meno controlli necessari e non ci sarebbero poi tumori che si sviluppano”.  

Le attese oggi “possono essere anche di un anno – continua l’esperta – Ci sono donne che sono in lista e che hanno già sviluppato un tumore. Questo intervento ha dei costi importanti, noi cerchiamo di farlo lo stesso, di superare e ignorare le difficoltà anche se veniamo frenati dalle amministrazioni. E lotteremo con tutte le associazioni di donne mutate che si stanno muovendo e stanno spingendo perché questo venga riconosciuto anche a livello di assicurazioni”. Oggi ci sono ancora degli ostacoli all’obiettivo di garantire pieno accesso a questa opzione, assicura. “E’ un grave problema”. 

La speranza è che si alzi il livello di attenzione per queste donne. Sicuramente il racconto social di Bianca Balti sulla sua scelta di sottoporsi a una doppia mastectomia preventiva, in quanto portatrice della mutazione a rischio nel gene Brca1, ha avuto l’effetto di accendere i riflettori sul tema. “Quando Jolie ne parlò nel 2013, già si sapeva che esistevano questi geni, ma è stato utile” che si desse ampio spazio al dibattito, ricorda Galimberti. “Forse all’inizio ha creato un po’ di confusione perché tutte le donne venivano e chiedevano di fare il test genetico, ma non è che tutte possono e devono farlo. Ci sono delle categorie di rischio, stabilite dai genetisti sulla base della storia familiare, dell’età, del fatto che hanno avuto o meno altri tumori. Quindi abbiamo dovuto spiegare tanto”. 

Ma “l’informazione è stata importante e le donne adesso sono consapevoli, chiedono – rimarca la senologa – Ed è giusto che noi medici proponiamo sempre questi test e approfondimenti genetici quando serve, perché possono cambiare la prospettiva anche in una donna che ha un tumore e può scegliere di non fare solo chirurgia conservativa, ma di togliere tutti e due i seni per esempio”. Galimberti ha vissuto sulla sua pelle la scelta della chirurgia profilattica per se stessa e spiega che “è un percorso molto personale. Ogni donna è diversa. E’ anche questo il bello della medicina, che non è così schematica”, riflette la specialista che ha anche scritto un libro, ‘Preziose cicatrici’ (Rizzoli editore).  

“Sembra un ossimoro, ma le cicatrici – chiarisce – sono sempre un ricordo, possono essere sulla pelle, ma anche interiori, legate a perdite, lutti. Diventano preziose nel momento in cui le elaboro, ci faccio pace, capisco cosa c’è dietro e se questo mi può portare a migliorare. Devo dire che molte donne che subiscono l’intervento al seno, se non sono più arrabbiate e riescono a elaborare, riescono a far uscire la parte migliore di sé e a volersi anche un po’ più bene. Le cicatrici possono dunque diventare preziose, ma questo dipende anche un po’ da noi”, conclude.