Nuove scosse di terremoto riaccendono i timori attorno al supervulcano d’Italia

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Una scossa di terremoto di 3.8 magnitudo è stata avvertita a Napoli e in un attimo si sono riaccesi i timori per il supervulcano dei Campi Flegrei. Ma cosa dobbiamo aspettarci se il supervulcano dovesse eruttare?

Un recente studio condotto dagli esperti dell’University College London (UCL) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha sollevato preoccupazioni. Il loro lavoro ha evidenziato un indebolimento della caldera, attribuito al sollevamento progressivo del suolo causato dal bradisismo.

Questo cambiamento comporta un passaggio dalla crosta terrestre da un comportamento “elastico” a uno “anelastico”, il che significa che qualsiasi movimento futuro potrebbe innescare terremoti e potenzialmente tsunami.

Nello scenario peggiore, la continua fratturazione dei strati crostali potrebbe causare la depressurizzazione del sistema idrotermale, portando alla ripresa della subsidenza. Un’altra preoccupazione riguarda la possibilità che il supervulcano dei Campi Flegrei possa causare uno tsunami di 30 metri, con gravi conseguenze per le coste, in particolare Sorrento e Pozzuoli.

I possibili scenari di un’eruzione ai Campi Flegrei

Carlo Doglioni, il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha presentato due possibili scenari per i Campi Flegrei. Il primo scenario meno critico corrisponde a una situazione simile a quella verificatasi durante la crisi bradisismica del 1982-84, che si protrasse per due anni prima di cessare. Il secondo scenario più grave implica un’eruzione simile a quella del Monte Nuovo avvenuta nel 1538, che potrebbe non solo causare un periodo di attività sismica ma anche un’eruzione vulcanica o una eruzione freatomagmatica.

Per quanto riguarda la magnitudo dei terremoti, Doglioni ritiene che sia improbabile che superino la scala Richter con un valore di 5.

Inoltre, in caso di eruzione, le emissioni di gas tossici come anidride solforosa e cloruro di zolfo potrebbero innescare piogge acide, mentre la cenere vulcanica carica di fluoro potrebbe causare danni agli esseri umani e agli animali. Questo potrebbe anche portare a un “inverno vulcanico”, con blocchi dei raggi solari e gravi conseguenze ambientali.

È importante notare che lo studio non parla di un pericolo immediato, ma rappresenta un passo utile per testare modelli che potrebbero essere fondamentali per prevenire futuri disastri nella regione. Le informazioni raccolte saranno preziose per l’aggiornamento del Piano di Emergenza Nazionale, contribuendo così a proteggere la popolazione del Napoletano da potenziali catastrofi.

Campi Flegrei, eruzione imminente al 60% ? Allerta gialla. Cosa dicono gli studiosi sull’evento catastrofico

La zona vulcanica, che si estende dalla regione del Monte di Procida fino a Posillipo, con una parte sottomarina che si estende nel Golfo di Pozzuoli, ha registrato più di settanta eruzioni nei ultimi 15.000 anni. Gli studi ipotizzano anche le possibilità future di esplosioni vulcaniche ed eruzioni e parlano di “allerta gialla”: qui puoi leggere di più a riguardo.

La zona è costantemente monitorata per via della sua stessa natura, che vede spesso anche il mare ritirarsi, o meglio: non è il mare ad essersi ritratto, bensì il suolo ad essersi sollevato. Si chiama bradisismo, fenomeno ben conosciuto e spiegato da Giuseppe Natale, ricercatore dell’Istituto italiano di Geofisica e Vulcanologia.

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L’Italia è conosciuta per essere dal punto di vista geofisico una zona sismica e vulcanica e una delle minacce più pericolose del mondo si trova proprio nel Bel Paese. Si tratta dei Campi Flegrei, un’area molto vasta che si estende a Nord-Ovest di Napoli. La pericolosità è data dal fatto che si tratta di un’area di origine vulcanica attiva e si estende per quasi 200 km quadrati.

I Campi Flegrei danno origine al fenomeno del bradisismo, chiamato anche “respiro vulcanico”, per il quale il terreno si alza e si abbassa continuamente ogni qual volta i flussi magmatici risalgono verso la superficie.

L’attività vulcanica della zona è divisa in epoche intervallate da inattività (detta quiescenza). L’ultima eruzione è avvenuta nel 1538, dopo 3mila anni di inattività. Gli scenari ipotizzati in caso di eruzione ovviamente hanno del catastrofico, essendo una situazione in cui esistono più bocche vulcaniche. Secondo la Protezione Civile, una ipotetica futura eruzione assomiglierebbe a un’esplosione con blocchi infiammati lanciati in aria e una scena sicuramente apocalittica.

Prevedere se e quando accadrà è quasi impossibile ma nonostante questo ci sono studi, come quello di Eleonora Rivalta che, attraverso calcoli statistici, provano a prevedere il periodo più probabile per le future eruzioni. Per questo, i Campi Flegrei sono costantemente monitorati dalla Protezione Civile.

Tuttavia, “è stato fatto l’errore di considerarla un’area qualsiasi, è densamente abitata, c’è un’ippodromo e una base militare, ma è un’area attiva e potenzialmente molto pericolosa” ha spiegato a la Stampa Mario Tozzi, saggista e conduttore.

Foto: Kikapress