Intervista a Massimiliano Stefanelli: il maestro opera una profonda riflessione sul rapporto con gli elementi della sua orchestra, sulla sua missione e sulla relazione tra musica classica e giovani generazioni

La nostra intervista al direttore d’orchestra Massimiliano Stefanelli

Il suo curriculum è lungo e importante, la sua esperienza vastissima e la sua visione della figura del direttore d’orchestra estremamente cristallina. Parliamo di Massimiliano Stefanelli, attuale Direttore Artistico e Musicale dell’Istituzione “Fondazioni all’Opera” che promuove e realizza le attività liriche dei teatri di Abruzzo e Marche.

Ai nostri microfoni il maestro ha spiegato quale sia la missione che oggi ha un direttore d’orchestra rispetto ai singoli elementi che è chiamato con grande responsabilità a guidare:

“Il nostro compito – ha detto – è costruire una coscienza collettiva con i musicisti con cui si lavora. Il direttore d’orchestra – ha aggiunto – è l’unico interprete che ha come missione quella di realizzare un’immagine sonora della partitura e “piegare” le volontà dei singoli alla condivisione di quell’idea interpretativa”.

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Partire da un’interpretazione che inizialmente è chiara solo al direttore musicale e poi estenderla a tutti i membri è un processo tutt’altro che facile:

“È tutto estremamente fisico – ha rivelato – ogni esecuzione avviene qui ed ora. Mettiamo in comune la nostra fisicità, la nostra presenza sia come persone, come strumenti, come percezione. Niente è predeterminato, anzi è tutto molto istintivo, animalesco”.

Alla base della riuscita di una performance, però, troviamo un senso di profondissima fiducia nei confronti del capitano dell’orchestra.

Il maestro ha ravvisato oggi una certa difficoltà nel produrre nuova musica classica, capace di avvicinare le generazioni più giovani, ma ha espresso parole di stima verso uno dei colleghi più in vista al giorno d’oggi, come Ezio Bosso.

Lo ritiene un genio, un musicista estremamente raffinato e vicino al suo modo di approcciarsi alla musica:

“Bosso – ha infatti confessato il nostro ospite – fa della sua vita lo stesso gioco che io faccio della mia: chiedersi sempre perché”.