Una delle ragazze più in gamba della capitale, scrittrice di successo, poetessa riconosciuta a livello internazionale, apprezzata pittrice, autrice per Medusa e Mediaset, nonché giornalista e inviata Rai: un vero e proprio ‘genio della penna’ nuovamente in libreria con un’opera ‘fantasy’

Serena Maffìa è una ragazza molto intelligente, dotata di una ‘penna’ instancabile, che le ha permesso di affermarsi in molti settori: dalla poesia alla prosa, fino al giornalismo. Infatti, è stata a lungo condirettore della rivista ‘Mosaico’ di Rio de Janeiro (Brasile) e della rivista ‘Polimnia’. Inoltre, è anche un’apprezzata pittrice, docente di ‘Creative writing’, di ‘Organization shows’ e di ‘Metodologia della progettazione’ presso lo Ied (Istituto europeo di desing, ndr) di Roma, nonché direttore artistico del Crs (Centro di ricerca e spettacolo, ndr) e presidente del ‘Centro Poesia’ della capitale d’Italia. Di lei sono stati pubblicati una marea di romanzi: ‘Sveva va veloce’ (Azimut, 2009); ‘Le passioni di Ginevra’ (Edilazio, 2010); ‘Giangurgolo’ (Città del sole, 2011); ‘Meglio grande’ (Città del sole, 2012) ed ‘Edith Piaf, la leggenda dell’amore’ (Lepisma, 2013). In campo poetico, ha prodotto le seguenti raccolte: ‘Il ragazzo di vetro’ (Maria Pacini Fazzi Editore, 2005); ‘Sradicherei l’albero intero’ (Azimut, 2006), silloge grazie alla quale ha vinto il premio ‘Cultura Donna’ in Campidoglio, il premio ‘Approdi d’autore’ e il premio ‘Giuseppe Sunseri’. Sempre da quest’ultimo suo lavoro è stato tratto il ‘corto’ omonimo, interpretato da Elisabetta Coraini, per la regia Fabrizio Portalupi. Altro lavoro di successo: ‘Le carte volano’ (Passigli Poesia), vincitore del premio ‘Mons Aureus’ nel 2011. I testi per il teatro sono: ‘Ma che bella compagnia’ (Maria Pacini Fazzi Editore, 2002); ‘Lezioni di fotografia’ (Lepisma, 2003); ‘La casa di gesso’ (Croce Libreria, 2004), vincitore del Premio Cultura della presidenza del Consiglio dei ministri; ‘Il giardino del mago’ (Lepisma, 2005); ‘Ilaria vuole’ (Edizioni Nuova Cultura, 2008); ‘Scheletri nascosti’ (Edizioni Nuova Cultura, 2008); ‘Il tirchio’ (Edizioni Nuova Cultura, 2008); ‘Processo a Jim Morrison’ (Lepisma, 2009); ‘Peace frog’ sempre sulla figura di Jim Morrison (Lepisma, 2011); ‘Ostinato e contrario’, dedicato a Fabrizio De Andrè (Lepisma, 2012); ‘Adele Alba’ (Nemapress, 2014). Sue opere sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo e polacco. È stata anche presidente del Premio Tredici e del premio ‘Italia Donna’. Giornalista dal 2005, ha lavorato con la Delta, agenzia di stampa delle donne e si è occupata di sport per il ‘Corriere dello Sport’, per la ‘Gazzetta dello Sport’ e come inviata per Rai Educational. E’ stata anche addetta stampa del presidente del Consiglio comunale di Roma Capitale e del gruppo di maggioranza in Campidoglio. In questi giorni, è di nuovo in edicola con ‘Famiglie e Fantasmi’, edito da Robin Edizioni.

Serena Maffìa, innanzitutto com’è nata l’idea di scrivere un libro fantasy come ‘Famiglia e Fantasmi’?

“Alla base di qualunque creazione artistica, narrativa, poetica o di altro genere, c’è sempre una creatività che non trova pace. La creatività si potrebbe definire la capacità di inventare, di scoprire. Un processo caratterizzato da intuizioni, originalità, capacità di sintesi e analisi, abilità nello strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze, d’interpretare in maniera insolita e del tutto soggettiva la realtà. Personalmente, mi ritrovo nella concezione ‘freudiana’ dell’artista che si espone alla tensione dialettica, tra conscio e inconscio. Nelle mie opere c’è molto del mondo che mi circonda, senza il quale non potrei crescere cognitivamente ed emotivamente, per dirla alla Vygotsky e alla Bruner, ma c’è anche molto della mia psiche e immaginazione. ‘Famiglia e Fantasmi’ nasce dal mio continuo incontro-scontro tra l’interpsicologico e l’intrapsicologico”.

Puoi riassumerci, sinteticamente, la storia che hai voluto raccontare in ‘Famiglia e Fantasmi’, senza ‘spoilerare’ troppo?

“E’ la storia di una famiglia nella quale gli equilibri si vengono a modificare. Quattro generazioni si ritrovano, a primavera, sotto lo stesso tetto. E ognuno si muove all’interno di questa grande e vecchia casa, cercando di esistere a modo proprio. I veri protagonisti del romanzo sono tre ragazzini che scopriranno di possedere dei doni: uno sente delle voci; l’altro vede cose che gli altri non vedono; il terzo non parla ancora bene. I tre ricordano tanto quelle scimmiette che si coprono in successione le orecchie, la bocca e gli occhi. Proprio per questo, riusciranno a risolvere il mistero della casa. Tutto ha inizio in giardino, quando uno dei tre vede affacciarsi un piccolo sconosciuto dalla finestra della soffitta. Chi si nasconde in casa? E’ lui che sentono piangere la notte”?

Il personaggio centrale, però, è questa zia un po’ fuori dagli schemi che tuttavia colpisce la fantasia dei 3 ragazzini e li trascina verso l’avventura: ti piacciono le persone ‘borderline’, diverse dal solito?

“A chi non piacciono? Personalmente, adoro i ‘pazzi’, i ‘fuori dagli schemi’: ne sono molto attratta. Sono persone che hanno una loro logica, che affascina. Ciò che mi attrae di più è la loro mente e i suoi labirinti. La zia in questione, per esempio, rappresenta la motivazione che spinge i tre ragazzini a scoprire chi c’è nascosto in casa loro. E anche loro, come la zia, sentono piangere qualcuno e vorrebbero dimostrare al resto della famiglia che lei non è per niente pazza”.

Qualcuno ha definito ‘Famiglia e Fantasmi’ “un libro per bambini”: è così, oppure è una categorizzazione restrittiva?

“Molti dei grandi romanzi classici sono considerati, oggi, libri ‘per ragazzi’, perché i temi come l’avventura o la fantasia sono i più appropriati per loro. La verità è che tutti i romanzi contengono tante sfaccettature e sono aperti a mille interpretazioni. E soprattutto, ogni lettore ne fa una lettura personale. ‘Alice nel paese delle meraviglie’ è un testo psicologico, che affronta i temi della follia, della libertà, degli schemi mentali, delle regole sociali e tanto altro, ma un bambino non ne coglie che la fantasia e l’assurdità della storia. Come tutti i romanzi, è un testo da rileggere in ogni fase della vita, per coglierne ogni sfumatura. Un altro esempio è ‘Piccole donne’, che lessi da bambina e mi toccò il cuore per la sensibilità che trovai nella bontà di queste ‘donnine’, soprattutto nella sorellina che muore per aiutare dei poveri ammalati: un libro che ho riletto a vent’anni e che mi colpì per come l’amore leggero e passionale possa trasformarsi in vero amore, per poi lasciare il posto a un sentimento più maturo e consapevole. Un testo che ho riletto per la terza volta, un paio di anni fa. E che mi ha accarezzato l’anima per come viene trattato il personaggio della madre delle ragazze: una donna di estrema intelligenza, che guida silenziosamente le figlie nel dispiegarsi delle loro vite. Un libro per tutte le età, dunque. Il mio romanzo, insomma, è un lavoro soprattutto psicologico, dove il bene e il male si camuffano nelle apparenze, la follia e la verità si mescolano tra loro, la morte e la vita si attuano come per magia e realtà”.

Che tipo di ruolo ha la fantasia in campo letterario? Conquista i lettori, oppure è solo una moda passeggera?

“La ‘fantasia’ è sopravvivenza. E’ ‘pane’ per il cervello, che si avventura in acrobazie di ‘problem-solving’. Sviluppa l’adattamento della specie, diviene essenziale per l’evolversi della nostra intelligenza ed è la principale tra tutte le nostre capacità cognitive. Per quanto riguarda il genere letterario, il ‘fantasy’ è un gusto. E come per tutti i passatempi, ognuno legge ciò che preferisce”.

Quali sono i libri a cui ti sei ispirata, se ci sono, per questo tuo ultimo lavoro?

“Il ‘Giardino segreto’ di Frances Hodgson Burnett; ‘Piccole donne’ di Louisa May Alcott; ‘Zazie nel metrò’ di Raymond Queneau. Poi ci sono tanti libri che porto sempre con me, come tante vite vissute. Ho mutuato qualcosa persino da ‘Papà Goriot’ di Honoré de Balzac e da ‘L’idiota’ di Fedor Dostoevskij”.

Parlaci un po’ di te, adesso: hai già scritto tanti libri, ma sei anche un’apprezzata pittrice, vero?

“Amo l’arte in tutte le sue espressioni. Ho iniziato a scrivere a 13 anni e ho pubblicato il mio primo libro a 18. Dipingo, invece, da quando ero bambina, poiché ho avuto la fortuna di crescere e formarmi nello studio di grandi pittori italiani. Il caro Dario Fo disse di me: “Scrittura colorata e arte simbolica”. Non credo si possa fare a meno del colore, vero o immaginato”.

Parlaci dei tuoi progetti futuri: cos’hai in mente di fare quest’estate? E per la prossima stagione autunnale?

“E’ in uscita la mia nuova raccolta di poesie con Passigli, dal titolo: ‘Italia spettinata’. Quest’estate, invece, mi riposerò un po’, mi dedicherò alla correzione di qualche scritto e, forse, riuscirò a ultimare qualche opera pittorica davanti al mare”.

Intervista di Vittorio Lussana